“Non ce la faccio più. Il governo trascura la cultura, non ci sono soldi per finanziare le attività, così non si può andare avanti…”: chi è l’autore di questo sfogo? Il maestro Muti che ha voluto dedicare il suo ultimo concerto a chi non vuole rasegnarsi alla morte di tante istituzioni, di tanti teatri, di quei giacimenti di storia e di creatività che, ancora oggi, sono l’orgoglio d’Italia nel mondo? Il regista Marco Bellocchio che ha denunciato il rischio che persino l’archivio dell’istituto Luce possa essere messo in liquidazione? “Sarebbe come se gli antichi avessero deciso di abbattere la Biblioteca Alessandrina”, per usare ancora le sue parole. Il professor Carandini che ha deciso di rassegnare le dimissioni dall’incarico di presidente del consiglio dei beni culturali perchè “ormai c’è poco da fare ed è inutile far finta di nulla”? Le associazioni sindacali e professionali del cinema, della musica, del teatro, dei musei, delle biblioteche, delle fondazioni che hanno deciso di indire tre giornate di sciopero generale?
Neanche per idea, questa dura requisitoria è farina del sacco del ministro poeta Bondi che, dopo aver insultato tutti i suoi oppositori, ha ora scoperto il suo fallimento e, prima di svignarsela, ha pensato bene di lanciare un postumo e inutile grido di dolore.
Se il ministro volesse davvero rendersi utile, almeno in una occasione, potrebbe invece rivolgersi al presidente del Consiglio e chiedergli di unificare le date delle elezioni amministrative e dei referendum. In questo modo sarebbe possibile risparmiare quasi 400 milioni di euro che potrebbero essere utilizzati per le attività culturali e per ripristinare i fondi tagliati alla scuola pubblica e alla ricerca. Dica il ministro se è d’accordo, risponda all’ appello lanciato da Articolo 21 e già sottoscritto tra gli altri da Franco Battiato, da Ottavia Piccolo, da Lella Costa, da quasi tutte le associazioni del settore, da decine di parlamentari, da centinaia di cittadine e di cittadini.
Se i soldi mancano perchè buttare i soldi dalla finestra? Perché piegarsi alla logica dello spreco pur di oscurare i referendum, a cominciare da quello sul nucleare che sta letteralmente turbando i sonni del presidente del Consiglio e della sua corte. Per non parlare del quesito sul legittimo impedimento.
Il ministro Maroni ha già detto che non accoglierà questa richiesta, ma non dovremo stancarci di insistere, di spiegare ai cittadini che questa sarà una vera e propria tassa aggiuntiva che tutti, compresi gli elettori padani, dovranno pagare in omaggio all’interesse di una oligarchia che ama l’oscurità e il buio, costi quel che costi; e questa volta costerà davvero tantissimo!