Silvio Berlusconi ha lasciato la basilica di Santa Maria degli Angeli passando dalla sacrestia anziché dal portone principale (unico caso tra le alte cariche dello Stato presenti) per paura di nuove contestazioni. La scena che si è consumata al termine della cerimonia religiosa officiata dal cardinale Angelo Bagnasco in omaggio al 150° anniversario dell’Unità, consegna all’Italia l’immagine di un premier in fuga. Non solo per le bordate di fischi ricevute questa mattina al Gianicolo e, poche ore dopo, al suo ingresso nella basilica che si affaccia su piazza Repubblica. Un’altra contestazione è arrivata in serata, al suo arrivo al teatro dell’Opera per la rappresentazione del Nabucco diretto da Riccardo Muti. Cori della gente assiepata dietro le transenne, al grido di di “vattene, vattene”, e “buu buu”. Fischi anche da persone affacciate alle finestre del palazzo antistante il teatro. E applausi per Napolitano.

Sono molti i segnali che nelle ultime ore hanno fatto capire al Cavaliere di non rappresentare più la maggioranza del Paese. Segnali politici, come l’estrema difficoltà di organizzare il rimpasto di Governo accontentando tutte le componenti che chiedono poltrone in cambio di un sostegno decisivo alla maggioranza. Segnali istituzionali, direttamente collegati alla questione rimpasto, con Napolitano che ieri ha di fatto bloccato la nomina a ministro del “Responsabile” Saverio Romano, stoppando così i piani del premier e del Pdl. Elementi che esortano il capo del governo a evitare esposizioni mediatiche in un momento politico così delicato. Prima conseguenza: marcia indietro sui processi. A una settimana da dichiarazioni inequivocabili sulla sua partecipazione ai procedimenti giudiziari (“sarò sempre presente, mi prenderò questa soddisfazione. E spiegherò agli italiani come stanno veramente le cose”), oggi gli avvocati Ghedini e Longo hanno chiesto di rinviare la prima udienza del processo Ruby, prevista per il 6 aprile: “Troppi atti da valutare, ci serve più tempo”.

Al di là delle strategie di immagine e di difesa, sono però i sondaggi, come sempre, il vero spauracchio che fa cambiare platealmente idea al premier: a partire dal nucleare. Con l’emergenza giapponese, si è improvvisamente impennato l’interesse degli italiani per il referendum del 12 giugno, che mette in gioco la linea del governo su questo tema. Le ultime rilevazioni dicono che il quorum verrebbe raggiunto, probabilmente con buone probabilità di bocciatura per il nuovo piano pro atomo dell’esecutivo. Il grattacapo per il premier, però, è doppio. Perché insieme al nucleare, gli italiani si dovranno esprimere sul legittimo impedimento, uno dei capisaldi della sua epopea “ad personam”. Un provvedimento la cui efficacia è già in parte disinnescata dal pronunciamento di gennaio della Corte costituzionale. Ma la bocciatura popolare suonerebbe come una sfiducia popolare a Berlusconi in persona. E allora sarebbe più difficile tenere insieme la maggioranza numerica risicata alla Camera. Così la parola d’ordine è far fallire i referendum.

Per abbassare l’interesse sul quesito nucleare, l’unica strada è accodarsi alla volontà popolare. Dopo giorni in cui, nonostante l’emergenza Fukushima, il governo italiano ha strenuamente difeso l’ipotesi di nuove centrali nucleari nel nostro Paese, proprio oggi da palazzo Grazioli è partito l’ordine di retromarcia su tutta la linea: “Cerchiamo di non alimentare polemiche – ha detto Berlusconi ai suoi – anche perché l’argomento potrebbe essere usato in modo strumentale in campagna elettorale alle amministrative”. L’idea è di scaricare la responsabilità sull’Unione europea: Berlusconi ha sottolineato la necessità di allinearsi a quanto verrà deciso in sede europea. “Decide l’Europa”, ha ribadito più volte. Subito il ministro Romani, uno dei “falchi” pro nucleare nel governo, ha parlato di “estrema prudenza necessaria” e di “necessità di una riflessione”.

Sondaggi sul nucleare, ma non solo: secondo l’ultima rilevazione citata dal premier nell’ufficio di presidenza del Pdl, il centrodestra è dato al 43%, il centrosinistra al 41%. E l’Udc al 6,3%. Ago della bilancia. Da qui la necessità di riconquistare Pierferdinando Casini: “Non sarà facile, forse per riuscirci dovremmo offrirgli la presidenza del Consiglio”, ha scherzato il Cavaliere. Poi bisognerà vedere se Bossi è della stessa idea. Insomma, anche in questo caso Berlusconi è pronto a tornare sui suoi passi. Per tutte queste ragioni, i fischi di oggi, per lui, più che una sorpresa, sono suonati come una conferma. Meglio passare dal retro e restare nell’ombra.

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