L’iniziativa parte da una serie di associazioni di precari, coordinamenti nati dal basso e reti di professionisti (precari, ovviamente). C’è anche la Cgil, che negli ultimi mesi si è occupata del tema con le campagne “Giovani non + disposti a tutto” e poi “Non + stage truffa”. Ma non è un’iniziativa sindacale, anche perché le sigle tradizionali devono ancora guadagnarsi credibilità agli occhi di una generazione che li percepisce come i garanti di una spaccatura: i supergarantiti da un lato, i superprecari dall’altro.
“Questo grido è un appello a scendere in piazza – si legge nel manifesto pubblicato su ilnostrotempoeadesso.it – a chi ha lavori precari, a chi non riesce a pagare l’affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi passa da uno stage all’altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l’Italia”. Seguono i nomi dei 14 promotori. C’è soltanto una sindacalista tradizionale, Ilaria Lani, della Cgil giovani. Gli altri sono imprenditori, giornalisti, avvocati, precari dello spettacolo, operatori di call center. “Dopo oltre 10 anni di precarietà vissuta sulla nostra pelle, comincia a esserci una consapevolezza diffusa dei problemi, persone con lavori molto diversi si confrontano con gli stessi problemi, i tempi sono maturi perché si crei un movimento trasversale”, spiega Salvo Barrano, 35 anni, primo dei firmatari dell’appello. Professione: “archeologo freelance”. Cioè un archeologo che non dipende da un ministero o da una sovrintendenza ma, con la sua partita Iva, tratta direttamente con i committenti che possono aver bisogno di perizie o scavi. Negli ultimi anni è stato vicepresidente della Associazione nazionale archeologi: “Nella nostra attività ci siamo accorti che i problemi della nostra condizione sono comuni a professioni diversissime, soprattutto a quelle che non sono inquadrate in un ordine professionale. Ci accomunano le assenze: niente diritti, niente malattia, niente Tfr, niente cassa integrazione, niente congedo parentale”. Quando è nata sua figlia, tre anni fa, Salvo Barrano non ha potuto prendere alcun congedo dalla sua partita Iva, idem la moglie, anche lei precaria: “eppure, come tutti gli autonomi, ogni mese versiamo un quarto dello stipendio all’Inps, anche per pagare congedi parentali a cui però noi non abbiamo diritto”.
Su un punto gli organizzatori della manifestazione insistono molto: mentre gli studenti che contestavano la riforma dell’Università, in autunno, erano preoccupati del loro futuro, chi scenderà in piazza il 9 aprile è assai più interessato al presente. Non è una manifestazione preventiva, ma dettata dall’angoscia di avvicinarsi ai 35 o ai 40 anni perdendo la speranza che le cose, prima o poi, possano migliorare: “Lo spettacolo delle nostre vite inutilmente faticose, delle aspettative tradite, delle fughe all’estero per cercare opportunità e garanzie che in Italia non esistono, non è più tollerabile”, si legge nell’appello.
In piazza, però, ci sarà anche chi è fuggito all’estero e da lì, con rabbia, rimpiange di non aver potuto avere gli stessi successi in patria. “Ogni volta che andavamo a chiedere i finanziamenti, la risposta era sempre la stessa: avete solo 19 anni. Il problema è che questo immenso vantaggio loro lo vedevano come un ostacolo”, ha scritto su un blog prima di andarsene Marco Palladino, che ora fa l’imprenditore (a 22 anni) nella Silicon Valley, con la sua società Mashape, un aggregatore di applicazioni che serve a chi vuole creare software per capire cosa c’è già sul mercato e in che direzione muoversi. I soldi per partire, con alcuni soci della sua età, li ha trovati in California grazie a tre ex dipendenti di Youtube. Palladino è uno dei 14 promotori della manifestazione che, sul web sta già raccogliendo adesioni. A quelli come Palladino, su Libero, Giampaolo Pansa (75 anni) consigliava di fare le badanti o gli infermieri in una “lettera aperta ai ragazzi che non hanno voglia di faticare sui libri: ci sono troppe università che vendono solo fumo, se non scegliete una professione sicura diventerete i poveri di domani”. Magari fosse così semplice. In piazza il 9 aprile ci saranno infatti anche rappresentanti dei “mestieri di una volta”, come li chiama Pansa, tipo Pierpaolo Pirisi di professione “portuale interinale, Rete precari portuali di Genova”.
Una delle ragioni dell’iniziativa, dice l’archeologo freelance Barrano “è che ci siamo stancati che a parlare dei giovani e dei precari siano sempre persone che non sono né l’una né l’altra cosa. Adesso tocca a noi rivolgerci direttamente alla generazione che sta condizionando le nostre vite, ai sindacati che solo ora cominciano a occuparsi di noi e alla politica che, però, sembra avere ben altre priorità”.