La Corte europea dei diritti dell'uomo assolve l'Italia sulla esposizione del simbolo sacro nelle scuole pubbliche. Nel 2009 la prima sentenza aveva detto l'opposto
“Il pronunciamento di Strasburgo mi delude, molto, perché la prima sentenza su questa vicenda era clamorosamente chiara”. Così Massimo Albertin, il medico di Abano Terme che otto anni fa aveva iniziato con la moglie la battaglia legale commenta la sentenza.
Di segno diametralmente opposto, talvolta decisamente sopra le righe, le reazioni dal governo. Se per il Vaticano la decisione “restituisce fiducia nell’Europa”, il sì di Strasburgo al crocifisso nelle scuole italiane è per il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, “una grande vittoria”. Il ministro ha espresso “profonda soddisfazione per la sentenza della Corte di Strasburgo, un pronunciamento nel quale si riconosce la gran parte del popolo italiano: una grande vittoria per la difesa di un simbolo irrinunciabile della storia e dell’identità culturale del nostro Paese. Il crocifisso – ha commentato – sintetizza i valori del cristianesimo, i principi sui cui poggia la cultura europea e la stessa civiltà occidentale. Oggi, ha concluso il ministro, “è un giorno importante per l’Europa e le sue istituzioni che finalmente, grazie a questa sentenza, si riavvicinano alle idee e alla sensibilità più profonda dei cittadini”.
Sembra non dispiacersi troppo del giudizio europeo nemmeno il Pd. “Con la sentenza sul Crocifisso si mette fine a una battaglia caratterizzatasi per troppi eccessi. Una cosa è la laicità, un’altra è pretendere che dalla nostra vita scompaiano i simboli religiosi, che ci richiamano alle nostre origini”. Lo afferma il deputato del Pd Enrico Farinone, vicepresidente della Commissione Affari Europei. “Ora – ha continuato – mi auguro che questa sentenza sia accettata senza ulteriori strascichi. Il crocifisso è un simbolo di riconciliazione, dispiace che qualcuno invece lo abbia visto come un simbolo di divisione”.