Mani libere. Perché “la terza gamba della maggioranza è afflitta da crampi sempre più forti e rischia di andare in cancrena…”. Mentre scoppia la guerra con la Libia, il Cavaliere viene mollato dai fedeli “Responsabili”. Visto il no al rimpasto decretato dal Capo dello Stato, gli uomini di Moffa e Scilipoti tirano i remi in barca e minacciano; se non ci sarà un “programma condiviso” con Pdl e Lega, non solo “non entreremo nel governo”, ma “decideremo di volta in volta come comportarci al momento del voto”. Dunque la maggioranza su cui contava Berlusconi per far passare liscio anche il processo breve e altre norme ad personam – e di cui aveva annunciato giusto l’altro giorno alla Camera un ulteriore incremento con l’arrivo di “altri tre uomini di Fli”- in realtà gli si sta rivoltando contro. E, di certo, non lo tutela più come prima.
Gli mancava solo questa al Cavaliere. In pratica, nonostante la melina messa in atto in questi giorni e le assicurazioni date a più riprese allo stesso Moffa che “il rimpasto si farà, solo in un’unica soluzione”, i seguaci di Saverio Romano si sono sentiti menati per il naso. Fin dal rifiuto di Napolitano di consentire un allargamento della compagine di governo con un decreto che superasse i paletti della Bassanini, a tutti è apparso chiaro che mai i posti di governo disponibili sarebbero stati abbastanza per accontentare tutti. Anzi. A ben guardare il Cavaliere avrebbe messo in palio solo quelli lasciati vacanti dai finiani in fuga. Troppo pochi. Ecco, allora, la necessità di alzare il tiro per avere quel “riconoscimento politico” invocato anche l’altro giorno da Saverio Romano, ancora scosso per la bocciatura del Colle sul suo nome. Il clima, comunque, è sempre più teso: “Stavolta il Cavaliere sta scherzando con il fuoco”, sibila una fonte interna a Iniziativa Responsabile. Il ricatto serve comunque per arrivare alla conquista di almeno qualcuna delle poltrone vacanti. I posti al governo su cui i Responsabili hanno puntato gli occhi sono sei (sui 12 disponibili): uno di questi è quello da ministro (in pole resta Saverio Romano per l’Agricoltura con Giancarlo Galan pronto a traslocare ai Beni culturali). La ‘cinquina’ comprende anche due caselle da ‘vice ministri’: Massimo Calearo punta al Commercio con l’estero, mentre Francesco Pionati è tra i papabili per la delega alle Comunicazioni. “E’ chiaro – ha avvertito Pionati – che per dare forza al premier ci vuole una soluzione equilibrata e contestuale”. E se non ci sarà, il Cavaliere stavolta si troverà in un mare di guai. Perché uomini come Domenico Scilipoti, nonostante le apparenze, non hanno alcuna voglia di cedere. E’ stato lui a chiarire quali saranno le prossime mosse dei “Responsabili” per tenere sulla graticola Berlusconi: “Lunedì ci riuniremo e martedì definiremo il programma. Successivamente lo sottoporremo al Pdl e alla Lega”. E se il programma non dovesse essere condiviso? “A quel punto non ci sarebbe nessuna necessità di entrare nel governo – ecco la sua risposta – e decideremo che cosa fare di volta in volta”.
Berlusconi comincia dunque a vedere l’abisso? Ieri è tornato a parlare anche il leader del Pid Saverio Romano: “Incontreremo il presidente del Consiglio per capire cosa fare da qui alla fine della legislatura. Solo dopo discuteremo della nostra integrazione nel governo. Noi – ha spiegato l’esponente di Ir su cui pende un’indagine scaturita da alcune dichiarazioni di Massimo Ciancimino – vogliamo fare un accordo organico col centrodestra. Il 14 dicembre siamo intervenuti per evitare una crisi al buio, per evitare il ribaltone. Oggi c’è una fase nuova. E’ bene che una maggioranza con 10 voti di fiducia in più si articoli anche sulle questioni di governo”. “Serve da parte nostra – ragionava dal canto suo Silvano Moffa – una compiuta elaborazione politico-programmatica che sappia essere interlocutrice del governo come terza gamba della coalizione. E sono convinto che non ci possa essere un progetto politico senza un progetto culturale”. Infine, ovviamente la lista della spesa delle richieste: “Che ci sia anche una rappresentanza del nostro gruppo al governo è fisiologico – ha convenuto Moffa – è nelle cose: non è un’esigenza che nasce da logiche di do ut des o di compensazione che non appartengono alla mia cultura”. A quella dei suoi sodali, però, forse sì.