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Il boss Provenzano è grave
Trasferito in carcere a Parma

Ma gli agenti di polizia penitenziaria protestano: "Ci sono problemi igienici, un nostro collega ha contratto la tubercolosi, c'è il pericolo di un epidemia"
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Dal supercarcere di Novara a quello di Parma: il tumore che colpito Bernardo Provenzano si è aggravato al punto da rendere necessario il trasferimento dell’ex padrino. Piccolo ma efficiente, il centro clinico dell’istituto di pena ducale: qui l’ex leader dei Corleonesi, potrà ricevere le cure necessarie come disposto dalla Corte d’appello di Palermo che ha accolto le richieste del pg dopo la diagnosi del professor Oscar Alabiso, primario di Oncologia all’ospedale di Novara, che aveva riscontrato la presenza di un tumore retrovescicale.

Parma non è certo nuova a “soggiorni” anche eccellenti – da Luciano Liggio a Licio Gelli, da “Tano” Badalamenti a Leoluca Bagarella e Nitto Santapaola fino a Giovanni Brusca e il braccio destro di Totò Riina, Raffaele Ganci – ma l’attuale situazione di via Burla desta preoccupazione e non poche perplessità. E’ la cronaca delle ultime settimane a parlare: un agente della Polizia penitenziaria è stato ricoverato circa all’Ospedale Maggiore per aver contratto la tubercolosi.

Una notizia che sarebbe passata sotto il silenzio “complice” di azienda sanitaria e Dap, l’Amministrazione penitenziaria, se non fosse stato per Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del sindacato di Polizia penitenziaria, il Sappe. “È altissimo il rischio per gli agenti di contrarre malattie contagiose, a causa della promiscuità esistente nelle carceri – rileva – dove il 25% dei detenuti sono tossicodipendenti, molti dei quali sieropositivi e affetti da patologie infettive come l’epatite B e C. In alcune carceri del Nord Italia, poi – aggiunge, riferendosi a Parma – la percentuale di tossicodipendenti sale addirittura al 55, 60%.

Gli stranieri sono il 37% come media nazionale, mentre al Nord arrivano a toccare punte del 50, 60 %, molti dei quali provenienti dai paesi del Nord Africa”. Una situazione non certo facile – e cronica in Italia, Paese dove il sovraffollamento e la condizione delle carceri sono sotto gli occhi di tutti – con il personale della Polizia penitenziaria che spesso entra in contatto diretto con soggetti dei quali, per ragioni di privacy, non conosce né può conoscere lo stato di salute né tantomeno il quadro clinico.

A Parma, in particolare, dove sono detenute 524 persone e lavorano circa 250 agenti, la tensione è altissima. “Chiediamo – prosegue Durante – che il personale di Polizia penitenziaria e i carcerati vengano controllati al più presto per evitare che la Tbc possa diffondersi. Ci risulta che al momento solo dieci agenti hanno effettuato lo screening previsto”.

Una situazione grave, quella che troverà dunque l’ex capo indiscusso di Cosa Nostra, vicina all’emergenza sanitaria e che ha registrato persino l’intervento di un parlamentare locale: l’onorevole Mauro Libè (Udc) ha fatto sapere di aver informato i ministri Fazio (Salute) e Alfano (Giustizia) perché “tutti, detenuti e operatori siano sottoposti a controlli accurati all’interno del carcere”.

C’è infatti da scongiurare il rischio del panico generalizzato in primis che, eventualità ben più grave, quello dell’allargamento del contagio. Emergenza ma non solo: Parma allunga proprio in questi giorni la lista dei suicidi in carcere, con la dodicesima vittima da inizio anno, un giovane albanese di 25 anni che si è tolto la vita impiccandosi nel magazzino del penitenziario. Altra notizia passata praticamente sotto silenzio e ripresa dagli organi di informazione locali solo grazie a “Orizzonti”, il foglio periodico della casa di reclusione di Padova. (a.de.n.)

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