Potenzialmente gradito a Francia e Germania, il governatore della banca centrale del Lussemburgo potrebbe rappresentare il giusto compromesso
Con l’approssimarsi della conclusione del mandato di Jean-Claude Trichet, Mario Draghi resta il grande favorito nella corsa alla poltrona presidenziale della Banca centrale europea (Bce). Ma lungo quella strada che appare ai più come il classico percorso in discesa potrebbe ora collocarsi un nuovo e improvviso ostacolo: il lussemburghese Yves Mersch. E’ l’ipotesi avanzata oggi dall’agenzia Bloomberg secondo cui a contrastare le ambizioni del governatore di Bankitalia potrebbe esserci proprio il suo omologo del Granducato. Un outsider rimasto finora ai margini, certo, ma anche un soggetto più che idoneo nel garantire il superamento di un persistente impasse diplomatico lungo l’asse Berlino-Parigi.
“Il posto dovrebbe andare al candidato migliore, cioè Draghi – ha dichiarato a Bloomberg il capo economista di Abn Amro Nick Kounis – ma le discussioni non riguardano soltanto le caratteristiche personali. I dubbi attorno a Draghi aprono così le porte a un certo numero di candidati da compromesso”. Un compromesso ancora da raggiungere tra i membri più influenti di Eurolandia, coloro, cioè, che si sono posti necessariamente al vertice della politica monetaria continentale e che oggi devono affrontare il pericoloso binomio “debiti sovrani/inflazione”. Una minaccia senza eguali che condiziona inevitabilmente la scelta ultima del candidato.
Secondo Nick Matthews, senior economist di Royal Bank of Scotland interpellato nell’occasione da Bloomberg, Mersch offre “un punto di vista simile a quello di Weber” (Axel, candidato numero uno di Berlino poi ritiratosi dalla corsa – ndr), in linea con la corrente tradizionalista della Bundesbank, mostrando contemporaneamente “quelle capacità diplomatiche che si diceva mancassero allo stesso Weber”. Una sintesi ottimale, insomma, per un candidato che, per dirla con l’ex europarlamentare del Granducato Astrid Lulling, “in quanto lussemburghese è in grado di comprendere tanto la mentalità tedesca quanto quella francese”.
Di recente, rileva ancora Bloomberg, Mersch ha incassato indirettamente il sostegno dell’ex cancelliere tedesco Gerard Schroeder che in un’intervista al quotidiano Handelsblatt, si era detto “favorevole ad un rappresentante di una nazione piccola e orientata alla stabilità come il Lussemburgo”. Parole che di per sé potrebbero non avere un grande peso provenendo, come in questo caso, da un esponente politico ormai senza poltrona. Ma anche una dichiarazione significativa per la sua capacità implicita di esprimere un sentimento che molti, in quel di Berlino, sembrano condividere con una certa convinzione.
A influire negativamente sulle ambizioni del numero uno di Bankitalia sembra esserci un vero e proprio problema di nazionalità. Non è un mistero, infatti, che Francia e Germania guardino con sospetto all’ipotesi di affidare il vertice dell’istituto centrale europeo a un regolatore italiano. Da tempo Roma è impegnata a tirare il freno di fronte alle velleità di chi vorrebbe un inaugurare una nuova stagione di rigore nella gestione dei bilanci pubblici introducendo, magari, nuovi meccanismi di sanzione per i trasgressori. E il fatto che alla Bce la poltrona di vicepresidente sia tuttora occupata da un altro esponente della tormentata periferia (il portoghese Vitor Constancio, capace di conquistarsi il posto proprio ai danni di Mersch, all’epoca suo rivale principale) non gioca ovviamente a favore di Draghi. Oggi, nel frattempo, lo stesso Mersch ha pubblicamente confermato l’intenzione della Banca centrale europea di prendere al più presto misure idonee di contrasto all’inflazione (leggasi rialzo dei tassi). Una dichiarazione dovuta in ossequio a quanto già anticipato nelle scorse settimane dal governatore uscente Trichet. Ma anche, forse, un efficace spot “elettorale”.