Meritano una sottolineatura (e una precisazione) i frequenti accenni alla Patria che in queste ultime settimane si è concesso Ignazio La Russa, tra 150° anniversario dell’Unità d’Italia, polemiche sul federalismo in salsa leghista e azione militare internazionale contro il regime di Gheddafi. Esemplare e memorabile è in particolare l’intemerata sul concetto e sull’amore di Patria da lui lanciata qualche sera fa, in Tv, contro la “sinistra”, colpevole a suo giudizio di un clima di intolleranza ideologica per cui, sino a qualche decina di anni fa, non si poteva nemmeno parlare di Patria nel nostro paese. In sostanza, sarebbero stati loro di destra, e solo loro, ad aver tenuto alto il vessillo tricolore contro una marea montante di internazionalisti, comunisti e dispregiatori dell’amor patrio.
A La Russa – che pure non dovrebbe essere più un neo-fascista, pretendendo di vivere il proprio stato di post-fascista in un partito liberale come quello di cui è padrone Berlusconi e in alleanza con un partito nazionale come quello di Bossi – continua a sfuggire la differenza che passa fra patriottismo e nazionalismo. Basterebbe sfogliare il Sabatini Colletti. Patriottismo: “Sentimento di devozione, amore e fedeltà per la propria patria”. Nazionalismo: “Tendenza ideologica a esaltare il concetto di nazione esasperando il comune sentimento di attaccamento al proprio paese” (attaccamento che evidentemente può arrivare all’ostilità e all’aggressività nei confronti delle Patrie degli altri).
La Patria è, ad esempio, quella dei partigiani italiani insorti contro l’occupazione nazista, di Carlo Rosselli, di Ferruccio Parri, del sindaco di Milano Aldo Aniasi, di Ugo La Malfa, dello stesso Bettino Craxi… Il nazionalismo è ad esempio quello di Hitler, di Mussolini, della Repubblica di Salò (al servizio degli invasori della Patria e massacratori di italiani), di Almirante, dei Fini (ante-conversione democratica), dei La Russa e dei Gasparri…
Anche Mario Giordano, sul Giornale, ha sostenuto la stessa cosa di La Russa: “Nessuno mi ha mai spiegato bene le ragioni di Italia ’61 e delle sue feste. In fondo è stato a lungo vietato dirsi patriottici. Era una specie di insulto. Il Paese è stato sempre immerso in due culture, quella cattolica e quella comunista, entrambe fiere avversarie della Nazione. Del resto, si sa: i comunisti inseguivano l’Internazionale operaia, i cattolici l’Internazionale del paradiso. A scuola chi avesse portato una coccarda biancorossoverde, come quelle che ieri avevano tutti in tv, finiva subito bollato come fascista. Ma anche fra i miei amici della parrocchia, ragazzi dell’oratorio, non c’era grande passione per l’Italia: si guardava alle missioni, all’Africa, al Centramerica, mai al tricolore. La Chiesa è cattolica, appunto, cioè universale, si diceva: mica può perdersi nel cortile di casa”.
Peccato che nessuno abbia spiegato a Giordano (e convinto La Russa) che a tenere alto l’onore della Patria in epoca moderna – per tacere del Ventennio – hanno provveduto proprio la sinistra e i cattolici. E che nessuno abbia trovato il tempo di far loro capire che la solidarietà per i deboli, per i diritti individuali e per le Patrie di tutti – inevitabilmente internazionale, anzi universale – è esattamente il contrario dell’egoismo e del fanatismo nazionalista.
Ci sarebbe da chiedersi – proprio a proposito del 150° Anniversario – se La Russa abbia mai sentito parlare, fra l’altro, di un patriota chiamato Giuseppe Garibaldi e soprannominato l’Eroe dei Due Mondi…