Perché, se vivete Londra, continuate a leggere siti come Ilfattoquotidiano.it, a informarvi di quello che succede in Italia e a partecipare a manifestazioni di protesta contro Berlusconi? Lo fate perché pensate di tornare o avete parenti e interessi in Italia, o semplicemente perché vi sentite italiani, oppure ancora perché l’attuale situazione del nostro paese suscita in voi emozioni come indignazione, vergogna e vorreste contribuire a cambiare qualcosa?

Questa è una delle domande che mi pongo nella mia ricerca di dottorato sulla partecipazione politica dei cittadini italiani residenti a Londra. Negli ultimi due anni ho incontrato decine di italiani “londinesi” e ho partecipato a numerosi eventi e iniziative organizzate da istituzioni, organizzazioni e associazioni italiane, cercando di capire chi sono gli italiani che vivono a Londra, le motivazioni che li hanno portati nella City, e i loro legami con altri italiani emigrati e con l’Italia stessa .

I rappresentanti della vecchia emigrazione, arrivati sopratutto negli anni ’50, ’60 e ’70, seguono ciò che avviene in Italia principalmente attraverso la Tv via satellite, e il loro coinvolgimento politico si limita spesso al voto o alla partecipazione a dibattiti organizzati dai patronati. I loro discendenti – seconde e terze generazioni – sono invece più interessati a ciò che avviene nel Regno Unito, paese dove sono cresciuti e, anche quando hanno il passaporto italiano e sono iscritti all’Aire (l’anagrafe italiana dei residenti all’estero), spesso non esercitano il diritto di voto, oppure votano affidandosi ai consigli dei genitori. I più attivi sono invece gli esponenti della “nuova” emigrazione, gente come noi lettori di questo blog, che ci informiamo principalmente attraverso internet e abbiamo una visione dell’Italia diversa, perché la osserviamo da un paese come il Regno Unito, multietnico, più aperto nel campo della morale, e dove tematiche come la meritocrazia e il rispetto della legalità ricevono – quantomeno in superficie – maggiore considerazione.

Questa visione ha un effetto sulle forme di partecipazione: tutti i principali partiti politici italiani hanno una loro sezione londinese, alcuni molto attivi, ma centinaia di italiani che vivono nella capitale inglese sono più attratti da eventi promossi e organizzati da circoli e movimenti della società civile. Ad esempio, la candidatura di Ivan Scalfarotto alle primarie dell’Unione nel 2005 è nata presso il circolo di Libertà e Giustizia di Londra, e negli ultimi due anni alcune delle manifestazioni che hanno riscosso il maggiore successo in termini di partecipazione sono state organizzate dal Popolo Viola London, come il No Berlusconi Day. Questi movimenti intercettano l’indignazione di tanti Italiani che hanno lasciato l’Italia per mancanza di opportunità e si sentono poco o affatto rappresentati da una classe politica considerata distante dai veri problemi del paese.

A proposito di indignazione, concludo questo post con una domanda: quanti di voi sanno che il voto degli italiani all’estero concorre a formare il quorum dei referendum (aumentando quindi le probabilità di affossarli, vista la partecipazione minore che in Italia), mentre invece non concorre a formare il premio di maggioranza alla Camera? In sostanza, noi eleggiamo dei rappresentanti, ma non influiamo sul risultato generale delle elezioni, quantomeno alla Camera. Any reaction?

di Giuseppe Scotto, dottorando presso la University of Sussex

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