La città costiera dell’Ovest, 200 km da Tripoli, è il centro delle operazioni militari più vaste e drammatiche delle ultime ore
La strategia di attacco delle truppe di Gheddafi a Misurata è iniziata venerdì scorso. In questa città, il centro più ricco e culturalmente avanzato della Libia, sono stati introdotti centinaia di miliziani in abiti civili. “Erano scortati da 11 carri armati”, raccontano fonti del “Democratic Libya information bureau”, un gruppo che fa parte del cartello degli insorti. “Si sono acquartierati nel principale ospedale della città, inutilizzato da 4 anni”. Da qui, hanno raggiunto il centro di Misurata, inscenando una manifestazione di sostegno a Muammar Gheddafi. “E’ uno dei principali strumenti di propaganda del regime” – raccontano le fonti degli insorti -. “Dare l’impressione di un sostegno popolare al dittatore”.
I miliziani non erano però soli. Con loro avevano portato centinaia di uomini e donne, civili per davvero, prelevati a forza nei villaggi del Sud. “Li hanno catturati casa per casa, portati via puntandogli contro un’arma”. Quello che è successo poi ce lo racconta Salah Abdelziz, un avvocato che fa parte del comitato cittadino temporaneo che governa la città. “Miliziani di Gheddafi in abiti civili e scudi umani si sono concentrati nella piazza centrale. Da qui, i miliziani hanno iniziato a sparare. Molti dei civili rapiti, schiacciati tra gli opposti schieramenti, sono stati uccisi”. Secondo fonti dell’ospedale locale, 82 persone sono morte sabato scorso. Da quel momento sono iniziati furiosi combattimenti, con le truppe di Gheddafi all’interno di Misurata supportate dal martellamento dell’artiglieria e dell’aviazione libica.
“Siamo comunque riusciti a mantenere il controllo della città”, dicono gli insorti, che accusano le truppe alleate per non esser intervenute quando l’esercito pro-Gheddafi si è diretto verso la città. Il vero problema è però ora quello dei generi di prima necessità e dei medicinali. “Le aree a ovest e a sud di Misurata sono ancora controllati dal regime, come pure lo spazio di mare davanti alla città”, spiega Saleh, “e questo rende difficile l’arrivo degli approvvigionamenti”. Un portavoce del Misurata Teaching Hospital, raggiunto telefonicamente (che preferisce restare anonimo), racconta che “a questo punto manca tutto, soprattutto il latte per i bambini e gli anestetici per gli interventi chirurgici. Ma non ci sono più medicine per i pazienti cronici, quelli con il cancro e il diabete”.
Lo staff dei dottori dell’ospedale, le poche infermiere rimaste (molte venivano dai Paesi dell’Est Europa e dalle Filippine, e sono fuggite allo scoppio della guerra) sono ora costretti a lavorare per turni di più di 20 ore. “Negli ultimi giorni abbiamo curato 570 feriti – spiegano – ma non sappiamo per quanto ancora possiamo andare avanti ”, spiegano. Come pure non sanno per quanto tempo potranno resistere gli insorti asserragliati in città. “Se non ci sarà un intervento delle truppe alleate – spiega Mohamed Muntasser, altro membro del Consiglio cittadino degli insorti – l’esercito di Gheddafi potrebbe rapidamente riprendere il controllo di Misurata”.