Politica

Romano ministro. Ma Napolitano chiede chiarimenti sulla sua posizione

Romano è ministro dell’Agricoltura. Bondi ha confermato le proprie dimissioni e alle 12.30 il premier è salito al Quirinale per assegnare il ministero della Cultura a Galan e quello dell’Agricoltura a Saverio Romano. Berlusconi ha così incassato il sì al conflitto di attribuzione in Giunta delle Autorizzazioni da parte dei due deputati responsabili (leggi l’articolo). Ma sulla nomina Giorgio Napolitano ha espresso forti dubbi. Prima a Berlusconi, poi con un comunicato ufficiale del Colle in cui ritiene di dover “assumere informazioni” sul procedimenti a carico di Romano: uno per concorso in associazione mafiosa, un altro per corruzione con l’aggravante del metodo mafioso. Il neoministro si è detto “dispiaciuto dalla nota del Colle, non sono mai stato imputato”, ha sottolineato. E il Quirinale ha ribattuto dichiarando che Napolitano “non ritiene di dover commentare le affermazioni dell’onorevole Saverio Romano, ma solo di invitare a una più attenta lettura della nota diramata a seguito del giuramento del nuovo ministro, nella quale non viene attribuita la qualifica di imputato”.

Nella nota, infatti, non ce n’è traccia. Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina dell’onorevole Romano a ministro dell’Agricoltura, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni”, si legge nella nota. “Essendo risultato che il giudice delle indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Palermo (leggi l’articolo), e che sono previste sue decisioni nelle prossime settimane, il Capo dello Stato ha espresso riserve sulla ipotesi di nomina dal punto di vista dell’opportunita’ politico-istituzionale”, prosegue la nota. “A seguito della odierna formalizzazione della proposta da parte del Presidente del consiglio, il Presidente della Repubblica ha proceduto alla nomina non ravvisando impedimenti giuridico-formali che ne giustificassero un diniego. Egli ha in pari tempo auspicato – si legge ancora – che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l’effettiva posizione del ministro”.

Il giudice delle indagini preliminari di Palermo, Giuliano Castiglia, ieri non ha archiviato l’indagine per mafia a carico del ministro e leader del Pid. E’ stata fissata un’udienza, che si terrà il primo aprile, per ascoltare le parti. La decisione è stata presa dopo che il giudice ha esaminato la richiesta di archiviazione dell’ipotesi di concorso in associazione mafiosa, fondata sulla mancanza di riscontri sufficienti alle dichiarazioni del pentito Francesco Campanella, che aveva parlato di Romano come persona “a disposizione” e votata dai boss di Villabate, Nicola e Nino Mandalà. La stessa richiesta, pur concludendo per la mancanza di “elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio”, lascia aperti molti dubbi. Anche per questo motivo, secondo il giudice, è da valutare se archiviare o imporre lo svolgimento di nuove indagini, assegnando un termine alla Procura: un’iniziativa analoga venne adottata nel 2010 da un altro Gip di Palermo, in una situazione pressoché identica, nei confronti dell’ex sottosegretario trapanese Antonio D’Alì, pure lui indagato per concorso esterno; il giudice Antonella Consiglio, dopo avere sentito le parti, assegnò ai pm altri sei mesi, indicando una serie di temi da approfondire. Secondo alcune indiscrezioni, nei giorni scorsi ambienti del Quirinale hanno preso contatti col procuratore di Palermo Francesco Messineo e sono stati informati degli sviluppi delle vicende giudiziarie riguardanti Saverio Romano, compreso il mancato accoglimento – allo stato – della richiesta di archiviazione.

Romano è tra l’altro indagato anche per corruzione aggravata dall’agevolazione di Cosa nostra (a seguito delle dichiarazioni di Massimo Ciancimino) e nei prossimi giorni sarà depositata la sentenza della Cassazione che ha condannato definitivamente a sette anni di carcere Totò Cuffaro: in essa si parla anche di Saverio Romano, compagno di partito dell’ex governatore della Sicilia sin dai tempi della Dc. Secondo i pm di Palermo Cuffaro “strinse accordi con il capo mandamento di Brancaccio, il boss Giuseppe Guttadauro”, poi arrestato e considerato il “portavoce” di Matteo Messina Denaro, l’erede di Bernardo Provenzano. Nel procedimento a carico di Cuffaro l’accusa ricostruì i rapporti con la malavita. “Nel 2001, in occasione delle elezioni regionali Cuffaro, su richiesta di Giuseppe Guttadauro, si adoperò per fare entrare nelle liste del Cdu il medico Domenico Miceli”, l’ex assessore comunale di Palermo condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. E sarebbe anche stato autore di una fuga di notizie su un’indagine a carico di Guttadauro.

Tutto questo giustifica i dubbi del Colle? Per il ministro Ignazio La Russa il problema di Romano è legato solo a lungaggini nell’archiviazione dei procedimenti in cui è coinvolto. Non so se il presidente ha espresso delle perplessità. So che Romano, assolutamente incensurato, ha solo una pendenza in corso, cioè una richiesta di archiviazione di un avviso di garanzia”, ha detto La Russa. “La Costituzione dice che uno è innocente fino alla Cassazione, ma doversi difendere – ha proseguito La Russa – dalle lungaggini di una richiesta di archiviazione che ancora non è arrivata, mi pare veramente pretendere troppo da chiunque”.

Secondo Italo Bocchino, quando accaduto dimostra che “Berlusconi non è più in grado di agire liberamente nella sua attività di governo”, ha detto il vicepresidente di Futuro e Libertà. Il premier “ha, infatti, dovuto sottostare al diktat dei Responsabili e nominare ministro Saverio Romano nonostante le note e annunciate perplessità del Quirinale. L’ha dovuto fare per assicurarsi il voto dei ‘disponibilì in Giunta per le autorizzazioni a procedere su questioni che sono del tutto personali. E’ ormai evidente che siamo in una situazione senza precedenti che mette a repentaglio la libertà di azione del presidente del Consiglio”.

Romano si dice “dispiaciuto” per la nota “inesatta” del Quirinale diffusa dopo il suo giuramento a ministro delle Politiche agricole. “A mio avviso quella nota – spiega ai cronisti in Transatlantico a Montecitorio – non riflette il pensiero del capo dello Stato, che è stato augurale nei miei confronti e dal quale ho avuto un’ottima accoglienza. Inoltre – aggiunge il neoministro – purtroppo la nota è anche inesatta: perchè non sono imputato ma solo indagato e c’è una richiesta di archiviazione nei miei confronti. Tutti possiamo sbagliare, immagino che l’estensore di quella nota abbia usato una terminologia non appropriata”, conclude.