Tende, harem, cavalli, auto blu. Unicredit, Fiat, Juventus. Immigrati, maltrattamenti, petrolio. Sono queste le dieci parole chiave che i ragazzi del liceo Mamiani di Roma usano per identificare il Raìs libico, Gheddafi. Quarantatrè anni dopo la prima assemblea studentesca, ottenuta dai liceali del Mamiani con l’occupazione sessantottina, gli studenti non hanno ancora organizzato un incontro per discutere del conflitto in corso. “Forse lo faremo giovedì” dice Evelina, iscritta al terzo anno, “ma in classe non se ne parla, i professori per ora pensano al programma” aggiunge Camilla, “di guerra, niente. Silenzio”. Sono le 13.15 e dal cancello aperto della nota scuola nel quartiere Prati i ragazzi escono alla spicciolata. Guardano sospettosi la telecamera ma poi si lasciano andare. E le idee sono le più disparate. (Continua)
Servizio video di David Perluigi e Caterina Perniconi, montaggio Paolo Dimalio
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Liceali che dicono “nì” alla guerra in Libia
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