Scelgo uno dei tantissimi bassi tavoli formati da un sostegno a quattro piedi con fissato sopra una specie di vassoio in ottone. Le stoffe, i colori e i profumi mi pacificano fra quell’andirivieni di pasticcini che dalla Turchia al Marocco fanno, anche in quelle luminose stanze, mostra di sé come in ogni angolo di strada delle tante città piene di moschee di questo mondo.
Baklava grondante miele per nominarne uno degli otto che ho assaggiato fra i tanti che avrei potuto assaggiare, chiedendo un secondo tè e poi ancora un terzo solamente per 2€ cadauno più 5 e 5€ di pasticceria. Il tutto mentre decine di passeri sfrecciano dal giardino alle stanze interne fermandosi sui tavoli-vassoi, raccogliendo anche loro le zuccherate briciole.
Arrivateci dopo aver camminato lungamente nel Jardin des Plantes. Una volta dentro capirete che vi potrete fermare nel loro hammam o nel loro ristorante. Se islamici per pregare nella loro moschea, se innamorati per scrivere una poesia sulla carta dei vostri ricordi, sette giorni su sette.
Tutto questo in mezzo a libici, a libanesi, algerini, tunisini, egiziani e marocchini, in mezzo a tutto il mondo islamico come a turisti di tutto il mondo, insieme a famiglie parigine complete di bambini e nonne, rapiti dalla gentilezza di quel posto dove amici ebrei, la prima volta, mi hanno portato dopo una lunga giornata di lavoro, per quelle bombe di zucchero, di miele, di tè caldo e per comprendere che i popoli, liberi da tutti i tiranni, amano mangiare, commerciare, pregare, parlare, riposarsi, far figli, vivere, capirsi e sorridersi fuori come dentro le moschee, nei giardini di Parigi come in quelli di Baghdad, con un dolce in mano.