Dalla Campagna Zerozerocinque al Partito Democratico aumenta la pressione sul ministro dell’Economia in tema di tassa sulle transazioni finanziarie. Il governo italiano resta “scettico”. Ma l’Europa ormai va in un’altra direzione
Originariamente pensata da John Maynard Keynes e successivamente rivista da James Tobin, la Ttf è un’imposta molto contenuta che intesserebbe ogni compravendita di azioni, obbligazioni, strumenti derivati e operazioni di cambio della valuta. L’aliquota, sostengono i promotori, non penalizzerebbe gli investimenti di lungo periodo ma colpirebbe sistematicamente gli speculatori che si troverebbero costretti a pagare per ciascuna delle migliaia di operazioni condotte in tempi rapidi. Secondo le ultime stime dell’economista austriaco Stephan Schulmeister, uno dei massimi esperti in materia di Ttf, un’imposta dello 0,05% applicata nella sola Europa produrrebbe un gettito annuale di circa 350 miliardi di dollari. Con un’estensione su scala mondiale, sostengono dalla Campagna, la cifra salirebbe a quota 655 miliardi.
L’iniziativa di Zerozerocinque non si colloca certo in un momento casuale. Lunedì il Pd aveva presentato il proprio contributo al programma delle riforme che l’Italia porterà a breve all’attenzione della Commissione Ue. 92 pagine redatte sulla base delle analisi del dipartimento Economia del partito in cui, tra le altre cose, si parla anche di Ttf. Una proposta che, come noto, non piace per niente a Berlusconi. In passato, il premier la definì “ridicola” vantandosi addirittura di aver posto il proprio veto in sede europea. Un’iniziativa, quella del premier, che non fu affatto gradita alla Germania, già allora in prima fila nel sostegno alla proposta.
Due settimane fa il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che chiede di approvare la tassa “senza ulteriori ritardi” accettando di introdurre il provvedimento anche solo su scala europea in assenza di ulteriore consenso internazionale. Oltre alla Germania si sono espressi apertamente per il sì, tra gli altri, anche Francia, Austria, Belgio, Grecia, Spagna, Slovacchia e Portogallo. Nel giugno 2010 la Commissione Esteri ha approvato tre risoluzioni bipartisan che impegnano il governo a sostenere l’iniziativa insieme agli altri Paesi favorevoli. Eppure, sostengono nella lettera i promotori della campagna, quello italiano resta, su scala continentale, “l’unico governo ancora esplicitamente scettico”. Tradotto: Berlusconi non sembra essersi accorto della direzione in cui da tempo ha preso a tirare il vento, confermandosi allineato in tutto e per tutto su quella posizione d’intransigenza sempre meno popolare dalle parti di Bruxelles. Ed è un peccato, visto che qualcuno, nella maggioranza potrebbe avere tuttora un’idea diversa.
E’ il caso di Giulio Tremonti? Può darsi, almeno a sentire quanto dichiarato in passato dal superministro dell’economia che, all’alba della crisi, non esitava a definire la speculazione come la “peste di questo principio di secolo”. Parole estremamente pesanti che i promotori della campagna non esitano a ricordare nella loro lettera. Sperando che il ministro, nel frattempo, non le abbia dimenticate.