Con un provvedimento di ieri mattina, il Tribunale di Roma ha ordinato a Yahoo! di bloccare – non è dato sapere come – l’indicizzazione di un non meglio precisato elenco di siti “pirata” attraverso i quali è possibile effettuare il download e/o accedere in streaming al film About Elly. Nonostante l’ordinanza fosse stata chiesta anche nei confronti di Google Italia e Microsoft Italia, i giudici hanno ritenuto di non potersi pronunciare nei confronti di questi ultimi in quanto i relativi motori di ricerca sono gestiti da società di diritto statunitense non soggette alla giurisdizione italiana. Nessun provvedimento, invece, sembra esser stato richiesto – e comunque non è stato pronunciato – nei confronti dei gestori dei siti pirata indicizzati dai motori di ricerca.
Si è, dunque, ordinato di chiudere una delle tante strade di accesso ad un’attività illecita, ma si è lasciata quest’ultima al suo posto, perfettamente operante. E’ anche per questo che la decisione, una delle prime al mondo a ritenere un motore di ricerca generalista tenuto a disindicizzare una pagina perché ospitante un contenuto o un servizio reso disponibile in violazione della legge sul diritto d’autore, lascia l’amaro in bocca.
Ma c’è di più. Presupposto della decisione è, infatti, che vi siano alcuni siti attraverso i quali, del tutto illegittimamente, sarebbe possibile accedere in streaming o download al film About Elly sul quale insisterebbero i diritti d’autore del ricorrente. Nessuno, secondo il giudice, avrebbe, nel corso del procedimento, contestato tale circostanza con la conseguenza che la stessa sarebbe, giustamente, stata data per pacifica. Ma chi avrebbe dovuto o potuto contestarla? Google, Microsoft o Yahoo!, semplici intermediari della comunicazione come, correttamente, ritenuto dallo stesso magistrato? Non stava a loro, evidentemente, prender posizione sulla legittimità o illegittimità dei contenuti resi disponibili da terzi ma, semmai, a questi terzi, ovvero i gestori di “siti pirata” che, tuttavia, non sono neppure stati posti nella condizione di difendersi.
Poco importa che nel caso di specie la natura pirata dei siti in questione sia apparsa al giudice inequivocabile – circostanza della quale, peraltro, non si fa menzione nel provvedimento – il punto è che con il provvedimento appena adottato si rischia di rendere irraggiungibile un negozio perché qualcuno assume che al suo interno sia venduta merce contraffatta senza che si sia posto il negoziante in condizione di difendersi. Guai a contestare l’esigenza di garantire al titolare dei diritti d’autore strumenti di tutela rapidi ed efficaci ma, a un tempo, non è accettabile che in nome di questa esigenza si travolgano altri diritti fondamentali quale, ad esempio, quello alla difesa.
Yahoo! è stata “condannata” in quanto autrice di una condotta agevolatrice di una pretesa condotta illecita senza, tuttavia, che l’autore del presunto illecito fosse stato, preventivamente, coinvolto nel processo e, così, posto nella condizione di difendere la propria condotta. Far passare questo principio significa accettare l’idea che domani un video di denuncia postato in Rete da un utente o, magari, un intero blog, potrebbe venir reso irraggiungibile, semplicemente a seguito del ricorso di questo o quel soggetto che si sentano offesi dal contenuto pubblicato e che, muovendo da tale presupposto, decidano di domandare a un giudice di ordinare a un motore di ricerca di disindicizzare i citati contenuto, condannandoli, credo, all’oblio.
Non tutto il male viene per nuocere, recita un vecchio proverbio che ben sembra adattarsi all’ipotesi della quale stiamo parlando: con il provvedimento in questione, infatti, il Tribunale di Roma ha confermato – ammesso che ce ne fosse bisogno – che l’Ordinamento dispone di efficaci strumenti – anche in via d’urgenza – per combattere la pirateria audiovisiva, con la conseguenza che un po’ di buon senso dovrebbe suggerire di rivedere la disciplina che Agcom si avvia a varare, nel senso di escludere che vadano forniti ai titolari dei diritti ulteriori strumenti di enforcement. Dura lex sed lex ma, talvolta, è più difficile di altre accettare talune decisioni.