Sono tanti, tantissimi i soldi pubblici intascati, secondo l’accusa, dal padre-padrone del premio letterario Grinzane-Cavour, Giuliano Soria, ieri a processo a Torino. Soldi pubblici con cui aveva comprato casa sotto la Mole. Qui, e nella sua abitazione di Parigi, aveva effettuato dei lavori utilizzando denaro dei contribuenti. Altri finanziamenti ottenuti dalle istituzioni per eventi o lavori erano finiti nelle sue tasche dopo essere passati a dei prestanome. Sono solo alcuni dei reati contestati al professore Soria, imputato col fratello Angelo e con Bruno Libralon davanti alla quinta sezione penale del tribunale. Ieri mattina all’apertura del processo i suoi legali – Aldo Mirate e Luca Gastini – hanno proposto di patteggiare una condanna a 4 anni e 3 mesi (con il condono di dodici mesi), ma i pm Stefano Demontis, Valerio Longi e Gabriella Viglione hanno dato parere contrario.
L’inchiesta era nata a inizio 2009 quando Soria fu denunciato dal suo giovane maggiordomo mauriziano, Hemrajsing Dabeedin, di molestie sessuali e maltrattamenti, anche a sfondo razziale: “Negro, puzzi, non fai la doccia. Animale. Schiavo”, è una delle frasi registrate dal ragazzo stanco di subire le vessazioni e le palpate morbose del suo capo. Ma Dabeedin non era l’unica vittima della sua prepotenza. C’era anche la segretaria dell’associazione Premio Grinzane Cavour, Laura Giudici, una delle tante collaboratrici che, stanche dei rimproveri eccessivi, hanno permesso agli inquirenti di scoperchiare il sistema Soria suscitando i timori nel mondo politico e culturale torinese.
La Guardia di Finanza ha potuto scoprire le malversazioni e le truffe per le quali Soria è stato arrestato il 12 marzo 2009. Cifre elevate, per centinaia di migliaia di euro a botta, usate per scopi personali. Come gli 800mila euro provenienti dal Ministero dei beni culturali e dalla Regione che non furono usati per le attività dell’associazione del Grinzane Cavour ma per comprare la propria abitazione in via Montebello, a pochi passi dalla Mole Antonelliana. A questi si aggiungono altri 444mila euro, sempre erogati dalla Regione e dal Mibac, per i lavori del “Museo per il Territorio” e del castello di Rorà a Costigliole d’Asti (edificio utilizzato in comodato dall’associazione), poi invece utilizzati per pagare lavori nelle case di Torino, di Ospedaletti e di Parigi. Un altro importo da 777.373 euro era entrato nelle tasche di Soria tramite un sistema di fatture false per lavori assegnati alla società di un prestanome, che rendeva i finanziamenti al professore all’85%. Si era intascato anche 608mila euro sottraendoli ai finanziamenti del Ministero e della Regione per il restauro del castello di Rorà e per la creazione del Museo del Territorio.
Soria è anche imputato di truffa aggravata e tentata truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche: si era accaparrato più di 75mila dal Comune di Roma e dal Mibac con la promessa di realizzare eventi o fornire volumi sul premio Grinzane Cavour.
Molti di questi soldi poteva ottenerli grazie alla complicità del fratello Angelo, dirigente nel settore Comunicazione istituzionale della Giunta regionale guidata dall’ex presidente Mercedes Bresso. Tramite lui si era appropriato di 400mila euro per la promozione di diversi eventi in Piemonte, in Spagna, Brasile, Messico, a Mosca e a New York. Per questo motivo Angelo Soria, che aveva a disposizione il denaro assegnato dalla Regione al suo settore, è accusato di peculato e false attestazioni.
Con loro è imputato anche Bruno Libralon, presidente dell’Italian culinary institute for foreigners, a cui vengono recriminati i reati di truffa, tentata truffa, evasione delle tasse, falso ideologico, peculato e malversazione. Sempre tramite un gioco di false fatture per dei lavori da realizzare nel castello di Costigliole aveva ottenuto 900mila euro dalla Regione. L’Agenzia per le entrate – parte civile nel procedimento – recrimina un’evasione per circa 500mila euro.
Oltre all’Agenzia, si sono costituiti parte civile la Regione Piemonte, il Comune di Costigliole d’Asti di Grinzane-Cavour, i due ex collaboratori maltrattati e il Ministero dei beni culturali, che ha quantificato un danno di 924 mila euro.
Lo scandalo fece tremare la giunta Bresso. Molti sostengono che fosse impossibile che nessuno avesse notato lo spreco di soldi pubblici di un dirigente regionale, Angelo Soria, e di un organizzatore di eventi come Giuliano. Su queste ragioni Roberto Cota ha fatto leva nella scorsa campagna elettorale da cui uscì vincitore.