Stanotte mio figlio, quello più piccolo, quattro anni, delira per la febbre e allora comincia a dirmi con insistenza che lui ha due mani e che l’Italia invece non può ricevere regali per la sua festa perché non ha le braccia e dunque non ha neanche le mani perché l’Italia è una forma, una semplice forma, che sta lì e non si muove, in mezzo all’acqua azzurra. Lo guardo, mio figlio, negli occhi anche loro azzurri che chissà da dove vengono. Non so cosa rispondergli. Ma forse un bambino che delira non si aspetta una risposta. Ha solo bisogno di qualcuno che lo ascolti. Anche in silenzio. Anzi, forse in silenzio è meglio.
Allora parla, figlio biondo, che io ti ascolto.
“I piloti corrono veloci nella strada bagnata quando all’improvviso arriva Superman che afferra una macchina e la butta giù dal ponte verso l’acqua del fiume e all’improvviso spunta un cavallo bianco che deve fare la pipì e la fa e allora si sente una gran puzza di pipì e tutto il fiume diventa giallo come il canarino Titti.”
Ma è un canarino Titti? E’ quando mi chiedo se Titti è un canarino che squilla il telefono. Ma è notte! Chi chiama a quest’ora? Sarà qualcuno dal set del film che sto producendo. Sul display del telefonino appare la scritta “Sconosciuto”. Rispondo. E’ un mio amico regista che sta dall’altra parte del mondo. Da lui è ancora pomeriggio. Lo sa che mi sta chiamando di notte e mi chiede scusa. Ma vuole sapere, da lì, dall’altra parte del mondo, se è vero che hanno reintegrato il Fus, se è vero che si può riprendere a sognare di fare cinema. Io penso a una risposta intelligente, che non si limiti ad un sì.
Vorrei dirti, amico, che dobbiamo abituarci a sognare di fare cinema a prescindere dal Fus, perché non si può sognare a intermittenza: fino a l’altro ieri il cinema è morto e si fa sciopero il 25, da ieri il cinema è vivo e si revoca lo sciopero del 25. E si deve anche essere felici perché Galan è diventato il Ministro della Cultura. E ringraziare Gianni Letta, che ha ordito il decreto che ci fa rinascere. E sta a vedere che in fondo dovremo anche ringraziare Berlusconi. E già che ci siamo costringere la Lucky Red a ritirare Silvio forever dalle sale. E far finta di niente se i cinema, che non dovranno aumentare più il biglietto di un euro per una tassa iniqua, hanno già aumentato il biglietto di cinquanta centesimi per gli affaracci e tornaconti loro.
E indignarsi, ma non più di tanto, se il Giornale e l’Unità in fondo dicono la stessa cosa, che per salvare i conti in banca di registi e attori vip, e di conseguenza il cinema, si è aumentato il prezzo della benzina, di per sé già alle stelle per motivi forse un po’ più gravi di un film in più. Con la differenza che Il giornale va oltre e fa nome e cognome del massimo responsabile dell’aumento del prezzo della benzina: Nanni Moretti! Finalmente Habemus Papam. No, quello è il Corriere della sera, che manda on line il bel trailer del nuovo film dell’affamatore di masse.
E continuare sottolineando che perfino l’Associazione Giovani Produttori Cinematografici considera il Fus e il tax credit strumenti essenziali, senza i quali il cinema nazionale non è in grado di esistere, così come l’intero comparto culturale. “Aspettiamo – dichiara Martha Capello, presidente dell’Associazione – di aprire al più presto un tavolo di confronto con il Ministero e con le altre associazioni di categoria, perché vengano stabilite nuove regole e criteri nell’assegnazione dei fondi pubblici che dimostrino una maggiore attenzione verso le società di produzione cinematografica esordienti e le piccole e micro imprese”. Te se magnano in tre bocconi, i lupi affamati dell’Anica!
E comunque, male che vada c’è Raicinema, che persegue una saggia strategica politica di intervento a favore del cinema di qualità. Che si esalta e fa dichiarazioni trionfali quando un Qualunquemente o un Nessuno mi può giudicare sbancano il botteghino. La qualità, appunto.
Vorrei risponderti con questi e tanti altri argomenti, amico.
Ma è quando mi sto chiedendo se Titti è un canarino e squilla il telefono e rispondo al mio amico che sta dall’altra parte del mondo che mi rendo conto che sto delirando anch’io, come mio figlio, quello più piccolo. E allora mi scuoto, torno lucido e al mio amico che mi chiede se si può riprendere a sognare di fare cinema in Italia, rispondo semplicemente sì, perché l’Italia è una forma, una semplice forma, che sta lì e non si muove, in mezzo all’acqua azzurra.