Lega o non Lega, questo il problema del Pdl bolognese che è lontano dall’essere risolto. Giancarlo Mazzuca, deputato Pdl, sostiene che sia giusto non separarsi dal Carroccio. Ma è una delle tante voci. Intanto la Lega viaggia, e lo fa da sola, almeno per adesso. La partita elettorale di Manes Bernardini candidato sindaco è già cominciata, battendo sul tempo gli altri giocatori: l’avvocato, commissario e consigliere regionale della Lega Nord la sua partita la sta già giocando. E le polemiche sono già iniziate.
La strategia di gioco della Lega Nord, nella “città dell’accoglienza”, come molti definiscono Bologna, si fa notare. A partire dalle decine di manifesti fatti affiggere nelle zone strategiche della città. “Indovina chi è l’ultimo“: è questo lo slogan del manifesto del Carroccio, rigorosamente verde, esposto nelle strade e alle fermate degli autobus. Nell’immagine, quattro personaggi di diverse etnie, raffigurati in modo folkloristico, bloccano la strada e lasciano indietro un anziano e suo nipote. La fila è per le case popolari, i servizi sociali e gli asili nido, il portone (chiuso) è quello del Comune di Bologna.
Un manifesto che fa infuriare associazioni e comitati civici. Lancia l’allarme Primavera urbana per voce di Lorenzo Alberghini: “Il manifesto della Lega rappresenta un declino razzista intollerabile per una città aperta e solidale come Bologna. Si tratta di messaggi che istigano all’odio e all’intolleranza, privi di riscontro reale, che rendono la città insicura”, scrive il comitato. Che chiosa con un po’ di ironia: “Siamo felici di notare che questa pericolosa propaganda abbia indotto una reazione indignata”. Alberghini si riferisce anche ai writers che, armati di bomboletta con vernice spray, hanno cancellato gran parte dei manifesti. Metodo non urbano, ma “era l’unico modo per far sentire la nostra voce”, dice uno dei frequentatori di centri sociali che, ovviamente, chiede di rimanere anonimo.
Manes Bernardini si scrolla di dosso le accuse: “Non si tratta di nulla di offensivo, dice, si tratta di una fotografia della realtà. C’è un sistema bi-regole che non premia il criterio della residenza. Si parla del criterio della residenza appunto, non del colore della pelle né della nazionalità”. L’ immagine nel manifesto, però, sembra raccontarla diversamente. E mentre il candidato consigliere comunale Pdl Lorenzo Tomassini prende le parti della Lega e parla di razzismo sì, ma verso gli italiani (“siamo realistici, non razzisti“), i militanti che presidiano il comitato elettorale della Lega in via Ugo Bassi preferiscono non esprimersi.
Allarme razzismo a Bologna? Massimo Bugani, candidato sindaco del Movimento Cinque stelle, pensa che in città non stia realmente montando un’ondata xenofoba. “E’ il gioco della Lega, quello di speculare sull’angoscia che i momenti di crisi generano, tutte le campagne elettorali leghiste si giocano su questo. In alcune persone la rabbia verso lo straniero sta nascendo, ma in questa città vedo anche molti esempi di integrazione e di rispetto”.
Nel sabato bolognese, con il centro presidiato dalle bandiere e dai banchetti politici, basta però fare qualche domanda agli edicolanti e ai commercianti per capire che quel manifesto non piace molto. Per niente. Tutti ripetono: “Bologna è una città di tutti, anche di chi arriva da lontano e ha un colore della pelle dverso dal nostro. Se lavora, è residente in città e ha diritto all’appartamento, non si capisce dove sia il problema. Non deve esserci una priorità per nessuno in base alla razza o al Paese di nascita, devono essere solo rispettate le regole. La Lega è così, questo è il loro stile, e siamo ancora all’inizio della campagna elettorale. Ne vedremo delle belle”.