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Londra, la “marcia per l’alternativa” <br/>sfila contro Cameron

Londra – Un fiume di persone si è riversato per le strade di Londra fino al cuore di Hyde Park. Mezzo milione, secondo gli organizzatori, uniti da uno slogan comune: no ai tagli alla spesa pubblica del governo Cameron, sì a un piano alternativo che promuova lavoro e crescita economica. Con loro lo stato maggiore dell’opposizione laburista, da Ed Miliband al ministro ombra dell’Economia Ed Balls, entrambi duri contro il governo. “Questa è la big society, ha ironizzato Miliband dal palco di Hyde Park, ma non certo quella che Cameron si aspetta”.

La grande Marcia per l’alternativa è stata organizzata dalla Trade Union Congress (Tuc) (http://www.tuc.org.uk), associazione sindacale a cui aderiscono le maggiori organizzazioni del lavoro britanniche, prime fra tutte Unite e Unison. Studenti, pensionati, e molte famiglie con bambini anche giovani hanno dato vita ad un colorato, festoso e pacifico corteo, che si è mosso a partire da metà mattinata dalla zona centrale di Embankment sul Tamigi, e attraversando il Parlamento e Trafalgar, ha proseguito per una delle vie del lusso, come Piccadilly, per sfociare in Hyde Park Corner. Pericolosamente prossimo ad obiettivi simbolici come il Parlamento e Bukingham Palace, protetti da imponenti cordoni di polizia.

Incidenti si sono verificati nel primo pomeriggio, in un’area compresa tra Oxford Street e Cambridge Circus, dove polizia e manifestanti si sono più volte confrontati. Le forze dell’ordine, già in passata criticata per aver usato metodi brutali, hanno inizialmente evitato del kettling – tecnica di contenimento criticata dagli attivisti per i diritti umani. Verso le 16,30 ora locale un gruppo di circa 300 manifestanti, ha occupato lo storico negozio di Fortnum&Mason a Piccadilly. Circa mezz’ora dopo la polizia ha cominciato ad usare il kettling attorno alla zona interessata dall’azione dimostrativa degli attivisti. Altri manifestanti stanno al momento percorrendo Regent Street.

Alla protesta ufficiale si è infatti unita quella di numerose sigle della galassia radicale o anarchica, da National Campaign against Fee and Cuts (http://anticuts.com) ad UK Uncuts (http://www.ukuncut.org.uk). Con il loro attivismo che riesce a coinvolgere studenti e giovanissimi, e anche grazie all’ausilio di web e social networks, i gruppi avevano promesso azioni veloci, visibili e clamorose: flash mob, occupazione di un obiettivo segreto, e la promessa di trasformare Trafalgar Square in Tahir Square, legando così la capitale inglese all’onda rivoluzionaria che sale dal Medio Oriente.

Prese di mira, come annunciato alla vigilia, le catene di abbigliamento Topshop, e poi Vodafone e Boots (negozio di cosmetici), società accusate di aver evaso il fisco ai danni dei contribuenti per milioni di sterline. Obiettivo ancora più mirato, ma non effettivamente colpito, il quartier generale di BAE a Carlton Street. BAE (www.baesystems.com) è una delle più grandi aziende militari dei mondo, “fornitore del regime Arabia Saudita”, dichiarava uno degli organizzatori della marcia Chris Knight al quotidiano Evening Standard di Londra. “Quello stesso regime saudita che sta occupando il Barhein e sparando sui manifestanti”.

Quella di oggi è stata una delle più grandi proteste dal 2003, che portò in piazza contro la guerra in Iraq voluta da Tony Blair a fianco degli Usa, non meno di 1 milione di persone. Ma le polemiche della vigilia non sono mancate. Solo venerdì, l’ex capo dell’anti-terrorismo di Scotland Yard, Handy Hayman aveva invitato dalle pagine di Policy Exchange ad un controllo preventivo dei siti web che fanno capo ai gruppi violenti. Policy Exchange è anche il più influente think tank conservatore, considerato vicino al primo ministro David Cameron. Ragion per cui le affermazioni di Hayman sono state bollate come propaganda e deterrente contro la marcia da un portavoce delle associazioni sindacali.