Indetta dal Comitato “Due sì per l’acqua pubblica” e dal “Forum dei movimenti per l’acqua”, quella di oggi, a Roma, è stata una manifestazione dai mille volti ma che più di tutto, spiegano gli organizzatori, “vuole invitare i cittadini ad andare a votare nei prossimi referendum del 12 e 13 giugno contro la privatizzazione dell’oro blu e contro il nucleare”.
“Un milione e 400 mila cittadini, prosegue il comitato, lo scorso anno con le firme depositate in Cassazione, ha chiesto con forza un referendum perché l’acqua resti fuori dalle logiche commerciale dei privati”. E così i manifestanti hanno portato in piazza un grande rubinetto che porta la scritta “L’acqua non si vende”.
Al corteo hanno aderito anche le associazioni ambientaliste come il Wwf e Legambiente, ma soprattutto tanta gente comune che chiede a gran voce l’accesso all’acqua per tutti. Mamme con figli al seguito, famiglie, giovani, partiti, movimenti, sindacati e lavoratori di tante categorie tutti uniti sotto il segno del diritto ai diritti come spiega un gruppo di cittadini in fascia tricolore. Sono i sindaci dei comuni virtuosi d’Italia: “Noi siamo la dimostrazione che le cose funzionano quando si investe bene nel pubblico e che la logica privato profitto non paga”.
Il corteo animato a suon di slogan e battute sull’acqua pubblica ha fatto da cornice a tante iniziative e banchetti che presidiavano piazza San Giovanni per sponsorizzare e promuovere i temi del referendum di giugno.
Facile trovare tra i manifestanti chi non dimentica di essere già andato a votare nel 1987 per un referendum che fermò il ricorso alle centrali nucleari nel nostro Paese. Venti anni dopo la storia si ripete perché nulla impedisce al parlamento di legiferare su una materia che è stata oggetto di referendum. Così è successo con il governo Berlusconi, che ha reintrodotto l’opzione energetica nucleare con la legge 99 del 23 luglio del 2009.
Ma chi scende in piazza lo fa anche con il pensiero alla Libia. Come Sadica, 40 anni, in Italia da 4, che usa parole forti per denunciare il suo punto di vista su quel che succede nel suo Paese: “Chi ha preso un nobel per la pace lo scorso anno ora bombarda il mio Paese, qual è il senso di questo conflitto?”. E dure sono anche le scritte dei manifesti che sorreggono alcuni studenti libici: “ Sangue libico oro nero, l’occidente vuole solo il petrolio, no alle bombe umanitarie sì al dialogo”.
A sorpresa ci sono anche le gheddafine che allietarono il soggiorno romano del leader libico tra lezioni sul Corano e intrattenimenti oltre il folklore. Sfilano per ultime un po’ defilate e non ci tengono molto a rilasciare dichiarazioni sul leader che le ha introdotte al Corano, ma qualcuna spiega il perché della loro presenza in piazza. Come Rea che dice: “Io non ho le capacità per valutare la situazione di Gheddafi, so solo che quella è una guerra assurda e voglio manifestare per la pace”.
È Alessandro Pondero, responsabile dell’agenzia di hostess che ha stretto accordi con il governo libico per gli scambi culturali delle ragazze che profetizza la fine del leader libico: “Comunque vada il tempo di Gheddafi è finito. Io non posso che dire che li siamo sempre stati accolti bene e che in qualche modo si chiude un epoca”.
Quella di Roma però resta più di tutto la piazza dei movimenti che continuano a portare avanti la battaglia per l’acqua pubblica e che chiedono di non essere strumentalizzati, solo di ampliare una piattaforma che oggi ha dato spazio ai temi sociali che, opinione comune tra i manifestanti, non trovano più spazio nell’Agenda politica del Paese.
(video di Clara Gibellini)