Cultura

Silvio Forever, intervista a Roberto Faenza

In occasione dell’uscita di Silvio Forever, abbiamo incontrato Roberto Faenza, regista – insieme a Filippo Macelloni – dell’attesa Autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi. Scritta dagli autori de La casta, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, la pellicola è nelle sale da ieri distribuita da Lucky Red.

Si legge nel pressbook del film: “Gli apocalittici dell’anti-berlusconismo finiscono per imbalsamare il Cavaliere nel suo ruolo e non si rendono conto che l’uomo non è il mago Cipolla del mirabile racconto di Thomas Mann, dedicato negli anni Venti all’italico dittatore di allora. E’ un’altra cosa. Più complessa. Più anomala. Più contraddittoria. Più spiazzante.

Alla conferenza di presentazione ha citato Thomas Mann e il racconto Mario il mago, qual è il nesso?
Nel racconto di Mann, il mago Cipolla ipnotizza un cameriere innamorato di una bellissima ragazza affinché sogni di essere a letto con lei, al suo risveglio però, l’uomo si trova accanto solo il mago che in realtà è un mostro. Ecco, una parte della sinistra continua a pensare che Berlusconi sia una specie di novello mago Cipolla. Ama credere che l’uomo abbia ipnotizzato il Paese, così quando si risveglierà si troverà accanto un mostro. Non è così: Silvio Forever racconta esattamente il contrario. Berlusconi non è il mago Cipolla e non ha ipnotizzato nessuno. E’ piuttosto l’espressione più vera e confacente di una parte del Paese, non ha incantato il suo popolo che è tale e quale a lui. Piuttosto ha stregato parte dei suoi oppositori, incapaci di leggere la complessità del personaggio. E così facendo non solo non riescono a sconfiggerlo, ma tutto sommato contribuiscono a perpetuarne  la presenza.

Come si è svolto il lavoro? Siete riusciti a realizzare quello che avevate in mente?
Siamo partiti dalla sceneggiatura scritta da due giornalisti del calibro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, il cui lavoro è stato determinante per l’impianto del progetto. Quindi, raccogliendo i vari materiali, Filippo Macelloni e io abbiamo lavorato a costruire la forma cinematografica. Ci siamo avvalsi di un gruppo di ricercatori molto abili a compulsare gli archivi, in Francia, Inghilterra, Svizzera, Spagna, Germania, addirittura Taiwan. E soprattutto qui in Italia. Nella ricerca, com’è naturale, sono usciti fuori dei materiali di cui non eravamo a conoscenza e che spesso si sono rivelati formidabili; vedi i video della mamma di Berlusconi o dell’ineffabile Don Verzè. Diciamo che il 70-80 per cento del film deriva dai materiali che cercavamo, mentre il restante 20  per cento è da ascriversi all’imprevisto. Una cosa simile era già accaduta con Forza Italia!, negli anni Settanta: nessuno, ad esempio, sapeva dell’esistenza dell’ormai famosa sequenza in cui il ministro del Lavoro Carlo Donat-Cattin telefona al presidente del Consiglio Mariano Rumor confessando una serie di cose incredibili; è saltata fuori per caso, rivelandosi poi una delle scene più eclatanti.

Chi si aspettava un nuovo Forza Italia! è rimasto deluso da un film “poco contro”…
Chi dice che Silvio Forever non ha la stessa violenza di Forza Italia! non comprende che si tratta di due lavori completamente diversi. Quella del ’78 era una pellicola incentrata su un potere ormai dissolto, marcio, che volgeva al termine: i leader della Democrazia Cristiana, da Fanfani e Rumor fino ad Andreotti e allo stesso Moro non sono mai stati amati dalla gente, tanto meno dai loro elettori. Vincevano le elezioni perché votati, come diceva Montanelli, turandosi il naso. Al contrario, Silvio Berlusconi è amato, direi quasi venerato, dal suo popolo. E’ una differenza non da poco. Trattandosi di un film scherzosamente autobiografico è ovvio che non può trattarsi di un racconto “contro” di lui. Alla fine del tragitto però è come se venisse fuori una sorta di autodissoluzione: il re si mostra nudo, ma si è spogliato da solo.

Avete riscontrato difficoltà nel reperimento dei materiali?
Alla fine siamo riusciti a ottenere quello che volevamo, ma non è stato sempre facile: abbiamo attinto senza difficoltà agli archivi di mezzo mondo, mentre i problemi sono sorti nel nostro paese. Mediaset è totalmente impermeabile, una specie di Fort Knox in cui nessuno può entrare. La stessa Rai, che dovrebbe essere l’archivio pubblico della nostra memoria storica, è molto cauta e vigile. Una volta ottenuti i primi filmati abbiamo passato mesi in cui sembrava non volessero più autorizzarne la circolazione. Solo all’ultimo minuto, grazie alla firma di alcuni dirigenti coraggiosi, che si sono assunti la responsabilità, il materiale è stato finalmente liberato. Il fatto che le due grandi biblioteche audiovisive del Paese, Rai e Mediaset, siano così poco aperte al pubblico è un deficit di democrazia che non riscontriamo in altre nazioni, dove la memoria audiovisiva è giustamente ritenuta un bene comune e dunque realmente pubblico. C’è da aggiungere che Silvio Forever è soprattutto figlio del web, nel senso che senza la rete non avremmo mai potuto fare incetta di così tanto materiale, derivante da fonti molto eterogenee, inclusi alcuni filmati amatoriali, molti presenti in Youtube.

Neri Marcorè che imita la voce del premier dà un taglio ironico…
Non credo si possa considerare una scelta di tipo satirico. Abbiamo scritturato Marcorè perché è l’attore che meglio sa imitare Berlusconi, non perché sia un comico. Non potendo contare su tutte le bobine originali del racconto in prima persona del nostro protagonista, le abbiamo ricostruite integralmente affidandone l’elaborazione a Marcorè, senza cambiare neppure una parola. Le prime registrazioni effettuate con Neri non andavano bene perché velate da troppa ironia, così siamo passati ad un registro più freddo, più neutro, più prossimo all’originale. Imitando è normale che rimanga un po’ di differenza, ma non era questo l’effetto che cercavamo: in realtà volevamo avvicinarci il più possibile a come parla Berlusconi, spesso anche con una certa carica di ironia. Quando ci accusano che in Silvio Forever viene fuori un premier troppo simpatico, non riesco proprio a capire. Berlusconi non è un uomo antipatico: può non piacere, può spararle grosse, ma è innegabile che ci troviamo di fronte a un personaggio di considerevole spettacolarità. Un documentario di questo tipo su altri leader politici, penso ad esempio a quelli dell’opposizione, non sarebbe possibile. Ci sarebbe ben poco da raccontare, soprattutto molto poco di divertente.

Definirebbe Silvio Forever un documentario satirico?
Lo definirei un documentario auto-satirico, perché alla fine, a forza di aggiungere, viene fuori un quadro abbastanza agghiacciante. E’ difficile trovare un personaggio tanto capace di decostruirsi: è come se, raccontandosi, si smontasse, venisse meno. In realtà Berlusconi non è un politico, piuttosto è un uomo di spettacolo, il più grande dai tempi di Fregoli. A lui interessa questo: essere al centro della scena, fare spettacolo. Ecco perché non può uscire dall’agone “pubblico”, se ne uscisse sarebbe finito.

Ci sono, nel film, diversi programmi delle sue emittenti, compreso Drive In
Berlusconi ha avuto una grande intuizione: negli anni Settanta e poi Ottanta la gente ha cominciato a non poterne più della televisione di stato, quella del potere democristiano, più vicina alla Tv sovietica che a quella americana. Parliamo di una televisione a senso unico, dove nessuno poteva dire cose diverse dal potere costituito. Con le sue nuove emittenti ha fatto conoscere l’altra faccia del dominio, più allegra, spensierata, divertente, certo più sguaiata. Non sono in grado di prevedere se il nostro film incontrerà il favore del pubblico, ma non è questo l’obiettivo primario perché di sicuro avrà vita lunga. Per ora posso solo dire che ha sfondato a livello mediatico, non c’è giornale o televisione, anche stranieri, che non se ne siano occupati. Una cosa è tuttavia certa: tra dieci o vent’anni se si vorrà conoscere questo lungo periodo di dominanza berlusconiana, per capirci qualcosa potrà essere utile rivedere Silvio Forever.