Con la risoluzione anti-nucleare di ottobre i giochi sembravano chiusi: niente centrali in Emilia-Romagna. E invece si ritorna a discutere di atomo, tra le “ambiguità del Pd che apre alla ricerca sulle tecnologie di ultima generazione” e il Movimento 5 Stelle che invece chiede spiegazioni sulla natura della commissione regionale sul nucleare istituita a febbraio.
I dubbi del gruppo di Favia riguardano la delibera, approvata in sordina più di un mese fa, con cui la Regione si è dotata di un gruppo di 5 scienziati esperti di nucleare. Tra i componenti, presenti anche un tecnico dell’Arpa, uno del Politecnico di Milano, e uno proveniente dall’Enea di Bologna, ossia l’agenzia nazionale per lo sviluppo delle nuove energie, impegnata nello studio di sistemi radioattivi di ultima generazione. L’obiettivo dichiarato è quello di “fornire ai cittadini ogni informazione riguardo ai problemi del ricorso all’atomo”. Tra le attività, oltre all’assistenza nello smaltimento delle scorie di origine medica e alla dismissione della vecchia sito di Caorso, anche quella di “supporto alla Regione in materia di uso civile dell’energia nucleare“.
E proprio su questo punto il Movimento 5 Stelle ora vuole vederci chiaro: “Non comprendiamo la necessità di questa commissione – afferma Giovanni Favia, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle – nei prossimi giorni chiederemo che venga rettificata la delibera e riproposta in maniera più comprensibile, escludendo la citazione all’uso civile del nucleare”.
L’assessore regionale alle Attività Produttive Gian Carlo Muzzarelli però liquida la questione come “una polemica inutile”, e ribadisce l’importanza di un gruppo tecnico per mettere in atto le politiche della Regione. “Serve per riuscire a valutare scientificamente i progetti che arrivano dal Governo – spiega Muzzarelli – Dal 2009 ci siamo sempre opposti alla realizzazione delle centrali così come ci sono state proposte, e continueremo su questa linea”. L’assessore si scaglia poi contro il piano energetico messo a punto dall’esecutivo che, a suo parere, prevede “impianti non di terza ma di seconda generazione”. Ma allo stesso tempo apre a progetti che possano sviluppare un nucleare sicuro: “Non importa la fonte dell’energia. Se si tratta di energia pulita, ben venga la ricerca”.
Il timore di Favia è che con la formazione del gruppo di tecnici si possa “legittimare attraverso il parere scientifico la ricerca e le attività sull’atomo”. Per questo la prossima settimana il Movimento tornerà a chiedere che l’ Emilia-Romagna “affermi una volta per tutte il suo no al nucleare“. Sul tavolo anche la questione dei finanziamenti regionali alla ricerca, soprattutto alla luce della convenzione che l’Emilia-Romagna ha stipulato, tra gli altri enti, anche con l’Enea per il progetto Alta Tecnologia e Tecnopoli. Un investimento complessivo da 137 milioni di euro. “Domanderemo – ha aggiunto Favia – che venga applicata la massima trasparenza sull’utilizzo di questi soldi, affinché non siano destinati allo studio dei reattori”.
Non è la prima volta che in Regione si accendono discussioni intorno al nucleare. Da tempo la squadra capitanata da Favia esige dal centrosinistra meno ambiguità sull’argomento. A ottobre il consigliere 5 Stelle aveva ottenuto la modifica della risoluzione portata in aula dal Pd che chiedeva di investire negli impianti di quarta generazione. “Queste tecnologie non esistono. Sono un’utopia” avevano attaccato dal blog del Movimento 5 Stelle. Una polemica, quella col centrosinistra, mai sopita e che proprio ieri ha visto Roberta Mori del Pd accusare i grillini di voler «oscurare la ricerca».
Intanto, nonostante il no di Errani alle centrali, fuori dalla Regione l’Università pensa alla formazione del personale. Molti dei 10000 esperti necessari alla realizzazione del programma nucleare italiano potrebbero infatti provenire proprio da Bologna. L’11 febbraio scorso, mentre da una parte si approvava la creazione della Commissione sul nucleare, l’Enel e la francese Edf facevano tappa all’Ateneo bolognese, con un incontro dal titolo L’energia nucleare accende la ricerca.
Un convegno pro nucleare senza contraddittorio, destinato a studenti e ricercatori, dove si è ribadita la necessità del rilancio dell’atomo per liberarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili e raggiungere così l’autonomia energetica. Ad aprire l’incontro Pier Paolo Diotallevi, preside della Facoltà d’Ingegneria di Bologna. Del resto all’Alma Mater il nucleare è di casa. Quest’anno infatti è arrivato alla terza edizione il Master in Progettazione e Gestione dei Sistemi Nucleari Avanzati, patrocinato da Enea. Lo scopo è quello di formare esperti in tecnologie nucleari, in grado di gestire reattori a fissione. Nato con la benedizione del Pd (nel primo comitato scientifico era presente anche Gianluca Benamati, oggi deputato del centrosinistra), nel 2008 il corso ha ricevuto anche il riconoscimento della regione Emilia-Romagna, che ha dato la possibilità agli studenti di avere il rimborso della quota d’iscrizione (circa 2500 euro).
Gli istituti che offrono formazione nucleare sono organizzati in un Consorzio interuniversitario per la ricerca tecnologica nucleare a cui aderiscono sette università italiane: il politecnico di Milano e quello di Torino, le università di Bologna, Padova, Palermo, Pisa, Roma.