L'allarme del procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso. I dati di Sos impresa confermano le paure. Forlì-Cesena, Modena e Parma le province a maggior rischio
Sarebbero 8500, secondo una stima di Sos Impresa, i commercianti vittime di usura in Emilia Romagna. Numeri provvisori, ma che collocano l’Emilia Romagna all’ottavo posto nella classifica delle regioni con più commercianti caduti nella trappola degli usurai. Preceduta dal Piemonte, con 9500 negozianti e imprenditori coinvolti per un giro di affari di 1, 1 milione di euro e seguita dalla Toscana con 8000 vittime di usura, l’Emilia Romagna rappresenta l’8, 6 % sul totale delle vittime di usura in tutto il territorio nazionale con un giro di affari di 0, 9 milioni di euro. I dati, rielaborati da Sos Impresa su cifre Istat relative al 2010, consegnano alla Campania il primato di Regione con più vittime (ben 32000), seguita da Lazio e Sicilia per un totale nazionale di 200.000 commercianti coinvolti ed un giro d’affari di 20 milioni di euro.
“L’usuraio è solo la parte visibile di un’organizzazione criminale presente nel territorio”, ha affermato Bianca La Rocca, di Sos Impresa, organo della Confesercenti nato per difendere la libertà d’impresa, “e spesso c’è anche un rapporto di convenienza da parte degli imprenditori che preferiscono non denunciare “.
All’usura e al racket dell’Emilia Romagna Sos Impresa ha dedicato un ampio spazio nel rapporto annuale, dal titolo “Le mani della criminalità sulle imprese”, che uscirà a metà aprile. La provincia più colpita, secondo la classifica del quoziente rischio usura elaborato da Sos Impresa, è quella di Forlì Cesena. Posizionata al cinquantaduesimo posto, nella fascia di rischio medio, tra le province con quoziente usura (calcolato tramite due indicatori economici ed un indicatore relativo alla pericolosità dell’organizzazione criminale presente sul quel territorio) Forlì Cesena ha un rischio pari al 3,26. Al cinquantacinquesimo posto c’è Bologna, con 3,11, poi Rimini e Parma, che presentano un rischio usura medio basso ed a chiudere la classifica Modena e Ravenna con un basso rischio pari a 1.
“In Emilia Romagna ci sono presenze diverse, ha dichiarato il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso, ” in alcuni casi si tratta di infiltrazioni, in altri di insediamenti. Nel casi più gravi, come a Reggio Emilia o a Modena, di radicamento”. Secondo il procuratore Alfonso non sono da sottovalutare neanche le mafie straniere, dedite al traffico della prostituzione e degli stupefacenti.”
Pochi giorni fa, ha spiegato Alfonso, “a Ravenna è sbarcata una nave con un container che trasportava 65 persone provenienti dalla Grecia”. “Estorsione e usura non sono lo stesso fenomeno”, ha aggiunto Bianca La Rocca durante l’incontro “Bologna in piazza contro tutte le mafie” organizzato dalla Rete No Name per il giorno della memoria e dell’impegno nel ricordo delle vittime di tutte le mafie.
“In Regione l’estorsione è più diffusa a Modena e Parma, dove i clan facenti capo a Zagaria, che si sono infiltrati tramite un imprenditore locale, vessano soprattutto commercianti del Sud”. L’usura, invece, secondo La Rocca, “è stata favorita dalla crisi economica e ha spinto gli imprenditori a chiedere prestiti con un interesse del 10% al giorno”. Le province più a rischio racket sembrano essere, secondo Sos Impresa, Bologna, Parma e la Romagna, dove le attività criminali si concentrano soprattutto sul gioco d’azzardo. Il dossier elaborato da No Name sul racket e l’usura rivela che le modalità più diffuse, oltre all’usura e alle estorsioni, sono anche l’imposizione alle imprese dell’assunzione di personale e di contratti di forniture e la concorrenza sleale tramite la liquidità agevolata da traffici illeciti. “Su Bologna non abbiamo dati certi”, ha affermato Federico Giamperoli, della Rete No Name “per questo motivo abbiamo elaborato un questionario da sottoporre, con l’aiuto delle associazione di categoria e delle istituzioni, a commercianti e imprenditori in maniera del tutto anonima”.
Alle istituzioni è stato anche lanciato un appello. “Chiediamo alla Regione di promuovere un Osservatorio che sia apartitico e libero, ha dichiarato Federico Alagna, coordinatore della Rete No Name, “al futuro sindaco di Bologna di collaborare con noi per il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia, e alle associazione di categoria di cooperare per raccogliere dati più precisi sul racket in Regione”.