Cosa nostra tra Varese e Busto Arsizio. Cinque arresti. Nel mirino il clan Madonia. Perché come ricordava il collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese, sentito nel 2008 dalla Distrettuale antimafia di Milano, l’area del Sempione – ovvero quella fascia di profondo Nord che da Milano va verso Varese – non è tutta in mano alla ‘ndrangheta. I compari calabresi gestiscono il racket delle estorsioni, l’usura, le frodi fiscali ed il movimento terra, spartendosi gli affari coi siciliani. Cosa Nostra, quindi, non ha mai abbandonato l’alto milanese. La riprova arriva oggi con l’operazione della squadra Mobile.
Centro dell’attività delle forze dell’ordine è stata Busto Arsizio, in provincia di Varese. A Legnano, a pochi chilometri, ci sono i calabresi. “Il loro territorio però – ha detto Cortese – confina con Busto dove sono presenti i Gelesi. Quell’area è divisa tra gelesi e calabresi e c’è un accordo di massima che prevede il reciproco rispetto”. Infatti, erano tutti originari di Gela, in provincia di Caltanissetta, i pregiudicati finiti sotto chiave nelle ultime ore. Rosario Bonvissuto, 38 anni, Fabio e Dario Nicastro, di 39 e 36 anni, Emanuele Napolitano, 43 anni ma soprattutto Rosario Vizzini, 51 anni, sono i cinque malavitosi che secondo la Dda di Milano, formavano “una organizzazione di stampo mafioso stabilita a Busto Arsizio e dedita alla commissione di estorsioni, attentati incendiari, violenze e minacce, anche con l’uso di armi, ai danni di imprenditori del nord Italia”.
A spiccare tra gli arrestati è il nome di Vizzini, del quale esiste un corposo dossier presso la Direzione nazionale antimafia. Nato a Gela nel 1960, è indicato “quale esponente di elevato livello del ‘clan Madonia’ di Cosa nostra siciliana, da sempre strettissimo alleato dei ‘Corleonesi’; in particolare Vizzini è uno dei luogotenenti di Gino Rinzivillo al nord”. Quest’ultimo è stato un esponente di spicco della Cupola di Cosa nostra. Aiutò la lunga latitanza di Bernardo Provenzano, venne a conoscenza delle fasi più salienti della cosiddetta ‘trattativa’ tra Stato e Cosa nostra e diede appoggio a Totò Riina nel suo piano stragista.
Come risulta da un’inchiesta del Sostituto procuratore della Dda di Milano Marcello Musso, anche Rosario Vizzini diede il suo contributo, quando ci fu da trovare in Lombardia un appoggio logistico per Santo Mazzei e Salvatore Facella. Due mafiosi entrati nelle inchieste della Procura di Firenze contro le stragi di Cosa nostra del ’92 e ‘93. In particolare Mazzei fu quello che nell’autunno del 1992 piazzò un ordigno nel “giardino dei Boboli” a Firenze. Una bomba che non esplose, ma che fu il primo atto dell’azione ricattatoria della Mafia nei confronti del Governo.
Forte di questa sua storia, Vizzini non ha mai svestito i panni del ras della Busto criminale. Era lui il capo del quintetto finito oggi in carcere e sulle tracce del quale la Questura di Varese era da almeno un anno. A partire da quel gennaio del 2010 quando a seguito di un attentato incendiario ai danni di un pregiudicato di Induno Olona, quattro vigili del fuoco erano rimasti feriti per lo scoppio del serbatoio di un’auto. Le indagini, coordinate dalla Dda di Milano, hanno poi permesso di accertare che l’attività di Vizzini e compari andava avanti fin dal 2002.
Il gruppo costringeva gli imprenditori a pagare il pizzo, anche sotto forma di prestiti che non venivano mai onorati; oppure otteneva compensi per prestazioni mai svolte, destinate ad aiutare le famiglie dei carcerati, comprare auto di grossa cilindrata o acquistare rami d’azienda in modo da acquisire il controllo delle attività economiche taglieggiate.
Il titolare di un’impresa edile di Busto che si era opposto a una pizzo de cento mila euro, ne ha dovuto poi pagare dieci mila per far terminare gli incendi nei suoi cantieri. Ma i cinque agivano anche fuori provincia. A Lecco un altro imprenditore è stato costretto a stipulare un mutuo da venti mila euro per far fronte alle richiesta del clan. In più ha pagato l’affitto di una casa al mare ad uso d’un sodale di Vizzini, Fabio Nicastro che assieme alla famiglia ha trascorso gratuitamente le sue vacanze estive.