Dopo quello sull’acqua e quello sul nucleare, potrebbe arrivare anche il referendum sulla riforma Gelmini. Un gruppo formato da più di 200 persone tra docenti, studenti, e ricercatori dell’Alma Mater sta preparando la campagna per raccogliere le firme necessarie per andare al voto. Da Roma sono già arrivate le prime adesioni, tra cui quella del collettivo di studenti della Sapienza K5. Testimonial un nome che non passa inosservato, quello di Margherita Hack.
L’intenzione di ricorrere al referendum era emersa prima ancora che la riforma diventasse legge. Ora i promotori dell’iniziativa, riuniti ieri all’Università di Bologna, hanno deciso di passare all’azione. Ancora in discussione le tempistiche della campagna: “Stiamo valutando quando far partire la raccolta firme – spiega Maurizio Matteuzzi, professore bolognese e componente del gruppo Docenti Preoccupati – se cominciare subito, o aspettare il 2013 con la nuova legislatura. Noi saremmo favorevoli a iniziare immediatamente”. Propensi ad agire in tempi brevi anche gli studenti della Facoltà di Studi Orientali di Roma, riuniti nel collettivo K5. “Non possiamo perdere altro tempo – dice Maria Vitale, rappresentante del gruppo romano – gli effetti sono già visibili e sono disastrosi. Questo è l’unico strumento che abbiamo per cercare di limitarli. Salire sui tetti non basta più”.
E nei corridoi delle università il consenso sembra non mancare: “Qualche settimana fa abbiamo provato a raccogliere simbolicamente delle firme per capire la predisposizione dell’ambiente accademico e studentesco – prosegue la studentessa – Il risultato è stato ottimo: più di 1000 adesioni in una settimana”.
Nel gruppo si sta prendendo in considerazione anche l’idea di usare le adesioni per proporre una legge di iniziativa popolare. Un’ipotesi che però non incontra il favore del movimento bolognese dei Docenti Preoccupati, che preferirebbe puntare sulle 500mila firme per provare ad abolire in toto la legge con il referendum. “La battaglia referendaria consentirebbe di riavvicinare le tante persone non militanti che si sono mobilitate nello scorso autunno – continua Matteuzzi – e riaprirebbe nuovamente il dibattito sull’istruzione pubblica. Ipotesi alternative sono difficilmente percorribili e -. conclude – potremmo concretizzare quel grande consenso di cui il movimento ha goduto”. Il quesito da proporre all’elettore è già stato deciso ed è molto semplice: favorevoli o contrari alla legge Gelmini sull’Università?
Nel frattempo anche nel resto d’Italia la protesta non si ferma. Proprio ieri a Roma si è riunito il Coordinamento universitario nazionale, di cui fa parte anche il Sindacato degli Studenti di Bologna, per “costruire alternative dal basso alla legge Gelmini”. Durante l’incontro si è parlato di rilanciare la mobilitazione attraverso l’adesione degli atenei italiani allo sciopero generale indetto dalla Cgil per il 6 maggio. “Non possiamo limitarci a portare la nostra solidarietà ai lavoratori – si legge nel manifesto diffuso dal Coordinamento – ma dobbiamo portare lo sciopero nelle università, realizzando un blocco reale del sistema della formazione e della ricerca. Il 6 maggio dobbiamo bloccare il Paese per sbloccare il futuro”.