Yemen, proteste contro il governo

Siria. Dopo quasi due settimane di proteste e scontri fra manifestanti e forze di sicurezza, oggi potrebbe arrivare una prima svolta politica in Siria. Sono arrivate alle 14.30 le dimissioni in blocco del governo di Mohammed Naji al-Ottari, in carica dal 2003. Ma l’attesa è soprattuto per il discorso del presidente Bashar al-Assad che entro domani dovrebbe annunciare una serie di aperture, a cominciare dalla revoca dello stato d’emergenza in vigore da 48 anni e dalla riforma della legge sui partiti e sui mezzi d’informazione.   

Intanto a Damasco e in molte altre città siriane il regime ha portato in piazza decine di migliaia di sostenitori con bandiere nazionali e i poster di Assad. La tv ha dato ampio spazio ai cortei per quella che è stata ribattezzata come la ‘Giornata della lealtà alla nazione’. Anche lunedì non sono mancate le violenze con le forze di sicurezza siriane che hanno aperto il fuoco a Deraa su centinaia di dimostranti che inneggiavano a favore dell’abrogazione della legge di emergenza, in vigore dal 1963. Le autorità nei giorni scorsi avevano accusato gli islamisti di esasperare la divisione settaria già molto forte in Siria, Paese a maggioranza sciita ma con una grande comunità di cristiani, drusi e alauiti. Sabato per allentare la tensione, il governo ha liberato oltre 250 detenuti politici la maggioranza dei quali islamisti dalla prigione militare di Saydnaya. Tutte misure che farebbero pensare a un allentamento del potere del partito baathista e forse degli stessi Assad, che hanno controllato con pugno di ferro il Paese ribattezzato “il regno del silenzio”. 

Bahrein. Il Parlamento del Bahrein haaccettato le dimissioni di 11 dei 18 deputati di al-Wefaq, il maggior partito dell’opposizione che siede nell’Assemblea composta da 40 membri. Lo riferisce il portale del quotidiano Gulf News. Le dimissioni degli altri sette membri del partito sciita,  presentate con le altre 11 lo scorso febbraio, tre giorni dopo la morte la prima vittima degli scontri tra dimostranti e forze di sicurezza in Piazza della Perla, sono ancora al vaglio delle autorità parlamentari. Inizialmente la Camera aveva accordato due mesi di grazia ai deputati che si erano autosospesi ma il dibattito diventato sempre più incandescente ha accelerato i tempi di accettazione. I parlamentari dimissionari erano stati eletti durante le elezioni legislative dello scorso ottobre che avevano  registrato un rafforzamento di al-Wafeq, passato da 17 a 18 rappresentanti, e un generale indebolimento dei maggiori partiti sunniti.

Yemen. Il presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, non indietreggia dalle sue posizioni, ma anzi rilancia la sfida all’opposizione che gli chiede di dimettersi e lasciare lo Yemen. “Mi rivolgo a quelli che chiedono agli altri di andarsene: “tocca a voi lasciare il paese”, ha affermato il presidente riferendosi ai suoi detrattori, in un discorso attribuitogli dall’agenzia d’informazione ufficiale ‘Saba’. Saleh, al potere da 32 anni, ha quindi accusato l’opposizione parlamentare di voler prendere il potere “versando il sangue dei giovani. Tutti hanno cospirato per abbattere il governo – ha aggiunto – al-Qaeda, gli houthi (i ribelli sciiti, ndr) e i separatisti”. “Coloro che vogliono il potere dovrebbero attendere l’esito delle urne – ha concluso il presidente – se la popolazione darà loro fiducia, noi rimetteremo il potere nelle loro mani”.

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