Onore al senatore Sergio Zavoli. Il presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai ha dichiarato inammissibili gli emendamenti sui talk show proposti da Pdl e Lega: se non l’avesse fatto, il bavaglio sarebbe stato votato a maggioranza.

Zavoli ha dimostrato che, volendo, si possono arginare le derive liberticide del partito di Berlusconi, anche mettendo in conto la reazione violenta della maggioranza (che sta già iniziando a scatenarsi). Grazie a lui, durante la campagna elettorale in vista delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio, potremo continuare a informarci anche sulla Rai. Senza lasciare, col pretesto della par condicio, tutte le notizie della tv pubblica in appalto al Tg1 di Augusto Minzolini o all’Elefantino Giuliano Ferrara. Anche perché proprio il 6 aprile parte il processo Ruby, in cui il presidente del Consiglio è imputato per concussione e prostituzione minorile.

Sarà molto difficile ora, per la maggioranza, riuscire a imbavagliare i talk show del servizio pubblico, quelli che proprio nel periodo che precede le urne svolgono il ruolo più importante per una televisione di Stato: da Annozero a Report, da Ballarò Porta a Porta.

Quella di Zavoli era in realtà una scelta obbligata: la Corte costituzionale (con una sentenza del 2002), il Tar (l’anno scorso) e nei giorni scorsi anche l’Agcom hanno chiarito che le trasmissioni di informazione e approfondimento non devono seguire le stesse regole di quelle di comunicazione politica (le vecchie “tribune politiche”). Dunque non hanno gli stessi limiti: non sono tenute a invitare tutti i candidati (che sarebbe impossibile, visto che si vota in 26 comuni e 11 province), né a cronometrare i singoli interventi per dare gli stessi identici spazi a tutti quelli che intervengono. Certo, dev’esserci (l’ha ribadito ieri il Garante per le comunicazioni) particolare rigore nella tutela del pluralismo, dell’imparzialità e dell’obiettività. Obiettivo che si può raggiungere senza snaturare i talk show, che nel prossimo mese e mezzo dovranno fare più informazione politica, e non meno. Come avviene tra l’altro in tutti gli altri Paesi europei (e non solo).

L’Agcom aveva già chiarito che il bavaglio non si poteva applicare alle televisioni private, che l’anno scorso avevano fatto ricorso al Tar, vincendo, proprio contro l’estensione del silenziatore anche a loro oltre che alla Rai.

Ringraziamo Zavoli anche perché sappiamo bene che, se il bavaglio fosse passato in vigilanza, i consiglieri di amministrazione Rai – la maggioranza dei quali risponde al governo – non avrebbero certo protestato in nome della libertà di stampa. Anche se il bavaglio danneggia, oltre che gli spettatori, anche i conti (già disastrati) dell’azienda.

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