L'anno scorso 135 incidenti su 1,183 dipendenti, quattro volte la media nazionale. Denuncia della Fiom lombarda: "Situazione inaccettabile". Per la presidente della Confindustria il problema dipende dalla scarsa formazione dei lavoratori
Nello stabilimento Marcegaglia di Gazoldo degli Ippoliti, in provincia di Mantova, là dove l’azienda della presidente di Confindustria ha la testa operativa, nel 2010 gli infortuni sul lavoro sono stati 135 su un totale di 1183 dipendenti. Per stare dentro la media Eurostat, la Marcegaglia avrebbe dovuto avere non più di 32 infortuni all’anno (31,63 per la precisione) invece ne ha avuti quattro volte di più, il 300 per cento in più della media italiana. E nei primi due mesi del 2011 gli infortuni nella stessa azienda sono stati già 20.
Una piccola strage che viene denunciata dalla Fiom-Cgil lombarda sulla base dei dati forniti dall’azienda. Da cui emerge un bollettino medico impressionante: lo scorso anno, in 63 casi si è trattato di infortuni agli arti superiori, in 35 agli arti inferiori, in 23 al capo, in 6 al torace, in 6 casi alla colonna vertebrale- bacino. Il documento si dilunga anche sui tipi di infortunio: 46 ferite, 37 contusioni, 23 lussazioni-distorsioni, 11 fratture, 8 lesioni da sforzo, 7 da corpi estranei, 3 lesioni da agenti chimico-fisici. Infine, tra gli agenti di infortunio: materiali, sostanze e radiazioni; l’ambiente di lavoro; le attrezzature e gli utensili; i mezzi di sollevamento e trasporto.
“Siamo di fronte a una situazione inaccettabile – dice Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia – . Un’azienda non può permettersi di essere all’avanguardia sul mercato a discapito della sicurezza dei lavoratori”. La Marcegaglia, in effetti, è una delle aziende di punta del sistema industriale italiano: settore nevralgico, quello dell’acciaio, circa 6.500 dipendenti distribuiti in 50 stabilimenti nel mondo (in Italia sono una quindicina) e soprattutto un nome blasonato, anche per il ruolo assunto da Emma Marcegaglia. Che si è pronunciata più volte a favore della prevenzione degli infortuni.
Solo qualche mese fa, in una lunga intervista al quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore, ha affermato perentoriamente che “il grave problema degli incidenti sul lavoro si sconfigge con la prevenzione e l’informazione”. Lo ha fatto dicendosi soddisfatta della riduzione, nel 2010, del numero dei morti sul lavoro in Italia sotto la soglia dei mille. Un dato contestato dall’Osservatorio indipendente di Bologna che di morti ne ha contate 1080 e che aveva comunque verificato un aumento del 6 per cento rispetto al 2009. Tra l’altro, a dispetto degli auspici di Marcegaglia o delle campagne del ministero del Lavoro – quelle in cui la “colpa” degli infortuni è scaricata sulla scarsa attenzione o sulla poca cura da parte dei lavoratori – gennaio 2011, sempre secondo l’Osservatorio di Bologna, ha già oltre il 60 per cento in più dei morti per infortuni sui luoghi di lavoro rispetto a gennaio 2010.
Il meglio di sé Marcegaglia lo diede però in occasione del grave infortunio avvenuto nel suo stabilimento di Cremona dove, nel maggio del 2008, si verificò un incidente mortale in cui perse la vita Girolamo Di Maio, operaio trentaduenne con moglie e due bambini di tre e cinque anni. Rimase schiacciato da un pacco di tubi del peso di alcuni quintali che si è sganciato piombandogli addosso. L’imprenditrice mantovana commentò: “Riaffermo come imprenditrice e come presidente di Confindustria che l’impegno sulla sicurezza sarà fortissimo. È un gravissimo problema del paese”.
Del resto, lo slogan di Marcegaglia è: “Fare informazione e soprattutto formazione. Non è inasprendo le pene che si fa più formazione”. Mauro Mantovanelli è il segretario della Fiom di Mantova da sei mesi e confessa che quando è entrato per la prima volta nello stabilimento di Contino della Marcegaglia (200 dipendenti, più piccolo di quello di Gazoldo) è rimasto meravigliato: “Non potevo credere che l’azienda della presidente di Confindustria avesse una cura così bassa della salute e dell’ambiente”. Mantovanelli ha fatto diverse assemblee con i lavoratori e ha fatto fatica a credere quanto gli hanno riferito sulla temperatura nello stabilimento. In inverno si lavora anche a meno 2 gradi, secondo il sindacalista, e di fronte alla richiesta di accendere le stufe, hanno riferito i lavoratori in assemblea, la risposta dei capi è stata: “Il gasolio costa troppo, riscaldatevi lavorando”. É difficile intravedere dove stia l’informazione ma come formazione alle durezze della vita non c’è male.
da Il Fatto Quotidiano del 30 marzo 2011