La concomitanza di tre manifestazioni in tre diverse città del Paese racconta di un piano probabilmente architettato con l'intento di dare una copertura di massa all'azione del commando. Un elemento nuovo nel modus operandi dei guerriglieri che rivela però anche una debolezza: la necessità di simulare consenso
Il fronte della guerra si è però lentamente spostato nel Nord “pacificato” del Paese ma con tattiche molto diverse rispetto alla guerra nel Sud, la vera roccaforte dei talebani fedeli a mullah Omar e alla Shura di Quetta, il comando dei puri e ala tradizionalista e “territorialista” dei talebani, che privilegiano la guerra di terreno e le mine sul ciglio delle strade (Ied) alle azioni kamikaze , di cui fanno un utilizzo mirato.
Nel Nord invece si spara nel mucchio: la guerriglia è più debole e l’area è meno sensibile al richiamo talebano. In questa zona la Shura di Quetta ha scarsa influenza. Nel Nord dominano signorotti della guerra e mafie locali e il vecchio Gulbuddin Hekmatyar, un mujaheddin dell’epoca della guerra ai sovietici e che si è prima battuto contro i talebani per poi allearsi, a stagioni alterne, con loro. L’area sconterebbe anche infiltrazioni dal Pakistan di gruppi radicali che sfuggono al controllo della Shura di Quetta e forse dello stesso Hekmatyar e che potrebbero avere legami con i qaedisti o con la famiglia Haqqani, che vive in Pakistan e controlla parte dell’Est afgano. Gli Haqqani, qaedisti per fede, privilegiano le azioni di commando esemplari, gli attacchi suicidi, la strategia del terrore: una scelta che li ha messi in rotta di collisione con molte altre fazioni talebane e in un momento in cui si parla a Kabul di trattative sotto traccia addirittura tra emissari americani e uomini della Shura di Quetta, i fedelissimi di mullah Omar.
di Emanuele Giordana da Kabul (in collaborazione con Lettera22 http://www.lettera22.it/)