Sui giornali di ieri mattina campeggiava una foto. Un ometto trafelato, una gamba all’aria e l’altra appena sollevata dal suolo (sembrava spiccare un volo angelico), correva verso il proprio disastro. La giacca strapazzata dal gesto atletico, un braccio proteso, una mano che stringeva un tesserino magnetico e lo sguardo disperato, uguale a quello di colui che tenta di sfuggire a un pericolo mortale, come un fantaccino che cerca riparo da una pallottola, come un bambi che zompetta lontano dalle fiamme del bosco.
Quell’uomo in fuga era riconoscibile: Scilipoti. Quell’uomo aveva firmato un patto con Mefistofele, doveva rispettarlo, gli aveva promesso un voto, doveva arrivare in tempo a inserire quella specie di carta di discredito e premere un bottone. Niente da fare, Scilipoti non era stato abbastanza veloce, nessun voto, aveva venduto l’anima per niente. L’istantanea memorabile di un uomo inutile.