Una Milano per bambini e anziani, con le famiglie “fulcro di valori” e il volontariato sociale a farsi carico di periferie e disagio. E’ la città disegnata da Letizia Moratti, in apertura della campagna per la rielezione a sindaco del capoluogo lombardo. Con lei, sotto un gazebo di piazza San Babila invasa dal sole caldo e dalla folla indifferente dello shopping del sabato mattina, il ministro della Difesa e coordinatore del PDL, Ignazio La Russa, maggiorenti del centro-destra locale, qualche volto del passato (l’ex-sindaco Paolo Pillitteri), pochi giovani in giacca e camicia bianca (rigorosamente senza cravatta), un gruppo di eleganti amiche del sindaco. 500 persone circa, accorse all’apertura della campagna e alla presentazione del libro “I cento progetti realizzati” che la Moratti invierà a tutte le famiglie milanesi (“un libro pagato a spese mie”, ci tiene a far presente il sindaco).
L’esiguità della folla degli astanti (nonostante il podio e gli altoparlanti, pochissimi milanesi si sono fermati ad ascoltare) dimostra quanto sia in salita a 40 giorni dalle elezioni la strada per la rielezione. Il sindaco è indebolito dalle polemiche sui presunti abusi edilizi del figlio Gabriele e dalle divisioni interne alla sua coalizione, con la Lega sempre più lanciata nel chiedere per sé la carica di vicesindaco (“Siamo al fianco della Moratti, anche se i nostri uomini e idee sono un po’ diversi da quelli del PDL”, dice il segretario della Lega Nord Giancarlo Giorgetti). A rendere incerto il futuro è però soprattutto la figura pubblica della Moratti, un amministratore non particolarmente capace, nei passati cinque anni, di entrare in sintonia con la città (nella sua pagina Facebook ci sono soltanto 291 “mi piace”).
L’obiettivo di questa campagna è allora proprio quello di superare l’immagine troppo algida e ritrosa del primo cittadino di Milano. All’evento di piazza San Babila nessuno degli intervenuti la chiama “sindaco Moratti”, ma più semplicemente, e affettuosamente, “Letizia”. Letizia è circondata da palloncini bianchi, rossi e verdi, liberati a fine discorso nel cielo (un omaggio patriottico, forse per far dimenticare il Waka Waka ballato dal sindaco a Canale 5, mentre a Palazzo Marino si celebravano i 150 anni dell’Unità d’Italia). Letizia carezza i bambini e scende dal podio per mettersi a giocare a biliardino con i suoi assessori (segna un punto e dice “ora basta!”). “Letizia è tutta passione, passione nascosta”, urla Ignazio La Russa, che spiega di essere invece uno di “passioni esibite”.
Lei, Letizia, arriva sul podio dopo i discorsi degli alleati (Mario Mantovani, coordinatore nazionale del PDL, spiega che la giunta Moratti vuole sostenere le “vere famiglie, non quelle variopinte e colorate dei gay, come fa Pisapia”. E Igor Iezzi, della Lega Nord, spiega che il centro-sinistra “metterà una moschea in ogni quartiere”). Indossa una giacca scamosciata arancione e un abito di seta bianco a fiori arancioni e blu. La ritrosia, l’imbarazzo pubblico è rivelato dal respiro accelerato. La Moratti insiste subito sui successi della giunta: “Siamo l’unica città a non aver fatto pagare alcuna addizionale sull’Irpef. Il biglietto del tram non è aumentato. Abbiamo le tariffe dell’acqua tra le più basse in Italia”. Racconta che il crimine in città è sceso del 48%, e che il numero dei posti negli asili nido è cresciuto del 38%. Disegna un’immagine di città centrata su più piccoli e anziani, cui sono dedicate gran parte di risorse e strutture, dove è la famiglia e non lo Stato “a dettare le regole”, e dove il volontariato svolge un forte lavoro di integrazione sociale, soprattutto nelle periferie.
E’ insomma un programma ancora una volta disegnato per quei ceti borghesi medio-bassi, preoccupati da ordine e sicurezza, che negli ultimi anni hanno offerto il cuore della presa berlusconiana sulla città. E’ un programma nel quale non sono contemplati multiculturalismo, nuove professioni, cultura (nel discorso della Moratti, non c’è stato un solo accenno a musei, teatri o musica). Ed è un programma sul quale si appuntano le critiche di un’opposizione da anni a corto di voti e successi, e che a questa giunta rimprovera molte cose: di aver consegnato la città ai palazzinari, con il nuovo Piano di governo del territorio (35 milioni di metri cubi di nuove costruzioni); di non aver risolto i problemi del traffico e della viabilità (a Milano ci sono 600 auto ogni 1000 abitanti, e le piste ciclabili promesse, 190 km entro il 2015, restano un sogno); di essere stata molto, troppo generosa con amici e compagni (50 milioni di euro spesi in consulenze dal Comune di Milano in cinque anni).
Proprio in tema di “amici e compagni” la Moratti, a fine evento, si dice “felice” per la decisione di Silvio Berlusconi di presentarsi, ancora una volta, come capolista della lista del PDL per le amministrative a Milano. “Dimostra l’affetto del presidente del Consiglio per la sua città”, dicono ufficialmente dal podio gli intervenuti in piazza San Babila. Ufficiosamente, altre voci del PDL lasciano però intendere che la discesa in campo del premier servirà ad arginare difficoltà, incertezze, limiti dell’attuale sindaco. Un complesso di punti deboli di cui si deve probabilmente rendere conto la stessa Moratti, che nel suo primo discorso da ri-candidata sindaco non ha mai parlato di “Milano”, ma di “una Milano”, lasciando intendere che di idee di città, oltre la sua, ce ne siano davvero molte altre.