La Politica è in ritardo, colpevole, sul terreno della concorrenza. Il ddl, che andava presentato entro il 31 maggio 2010, ancora non c’è. Le liberalizzazioni sono al palo, mentre il loro rilancio è cruciale per tornare a crescere. Poste, ferrovie, gestioni autostradali e aeroportuali restano i settori meno aperti al mercato. Così come è insoddisfacente la governance di banche e assicurazioni e continua a essere inefficiente il settore della distribuzione dei carburanti. Nella relazione annuale, trasmessa il 30 marzo a Palazzo Chigi, l’Antitrust lancia un allarme concorrenza a 360 gradi. Il rilancio del processo delle liberalizzazioni, secondo l’Autorità guidata da Antonio Catricalà, è un “tassello cruciale di una vigorosa politica per la crescita” e l’attuale situazione, con la ripresa da agganciare dopo la lunga crisi economica, “deve essere l’occasione per incidere sulle cause strutturali del deficit di produttività del Paese”.
In particolare “aumentare la produttività è il modo migliore per garantire il raggiungimento di tale obiettivo e consentire ai meccanismi di mercato di operare pienamente, adottando quegli interventi di riforma degli assetti regolatori la cui urgenza, in tempi normali, non viene avvertita con la necessaria intensità”. Si tratta, sostiene l’Antitrust, di una scelta “non soltanto corretta, ma obbligata per il Paese”. L’attivazione di efficaci dinamiche concorrenziali “richiede un generale processo di riforma della regolazione in senso pro-concorrenziale, una rigorosa applicazione della disciplina antitrust e un’altrettanto incisiva azione a tutela del consumatore”. Se questi ultimi due versanti sono di competenza diretta dell’Autorità, i processi di apertura dei mercati “ricadono nella responsabilità esclusiva della Politica: ad essa soltanto spetta di rimuovere le tante “zavorre” che opprimono le energie vitali del Paese”.
L’analisi degli sviluppi del quadro regolatorio a oltre due anni e mezzo dall’inizio della legislatura, secondo l’Antitrust, “evidenzia che il processo di apertura dei mercati è rimasto largamente incompiuto”. A pesare anche le conseguenze della crisi. “E’ cresciuta la domanda di protezione e solo timidi passi sono stati compiuti in direzione di un sistema meno ingessato e più favorevole al libero confronto nel mercato”. L’attività del Parlamento “è stata caratterizzata dalla centralità di alcune tematiche (in primis la crisi) cui è corrisposto un sostanziale stallo dei processi di liberalizzazione”. Come dimostra il “preoccupante ritardo” accumulato sul ddl concorrenza. “Nonostante la necessità di imprimere un’accelerazione alle politiche di promozione della concorrenza, l’implementazione del nuovo strumento è scomparsa dalle priorità dell’agenda politica”, denuncia l’Autorità guidata da Antonio Catricalà. Il ddl, che avrebbe dovuto essere presentato al Parlamento entro il 31 maggio 2010, non è stato ancora approvato dal Consiglio dei Ministri e la prima bozza elaborata dal competente Ministero dello Sviluppo Economico, si fa notare, “disattende molte delle indicazioni dell’Autorità”. L’Antitrust è stata, anzi, “costretta a intervenire in difesa delle iniziali previsioni in essa contenute relative alla liberalizzazione della distribuzione di carburanti, dal momento che le stesse stavano per essere modificate in senso restrittivo, ancora prima che lo schema di disegno di legge venisse sottoposto all’esame del Consiglio dei Ministri”. Ora, “è quanto mai necessario procedere alla presentazione del disegno di legge, superando ogni remora e incertezza”.
Sotto i riflettori c’è anche il settore dei carburanti. In particolare, la distribuzione è caratterizzata, in Italia, da “un grado molto elevato di inefficienza”. Secondo l’Autorità, “il confronto con altri Stati membri mostra il sovradimensionamento di una rete costituita da una grande molteplicità di impianti di dimensione molto ridotta”. Tale “inefficiente” struttura distributiva “condiziona negativamente la qualità del servizio e il livello dei prezzi del carburante, e trova in parte spiegazione storica in una regolamentazione dell’accesso che ha limitato la possibilità di sfruttare economie di scala e di scopo, attraverso vincoli all’apertura di impianti multiprodotto di maggiori dimensioni”. L’Antitrust rileva che “importanti norme di apertura sono state introdotte a livello nazionale con l’art. 83- bis della legge n. 133/2008, che ha eliminato i principali vincoli in sede di rilascio dell’autorizzazione per l’apertura di un nuovo impianto”. Ma “ulteriori passi devono essere compiuti”. In particolare, “è necessario eliminare i vincoli residui in termini di limiti di orario e varietà merceologica dei servizi offerti, ed introdurre forme di incentivazione volte a rendere conveniente lo sviluppo di una struttura distributiva più snella ed efficiente”. Nella relazione ci sono anche i numeri che sintetizzano l’attività dell’Autorità nel 2010. Quasi 130 milioni le sanzioni inferte, tra intese, pratiche commerciali scorrette e abusi di posizione dominante. L’anno scorso, in applicazione della normativa a tutela della concorrenza, sono state valutate 502 operazioni di concentrazione, 11 intese, 13 possibili abusi di posizione dominante. I procedimenti per pratiche commerciali scorrette sono stati invece 272.