Da oggi i Centri d’identificazione e di espulsione diventano off limits. Non potranno più accedere per ispezioni istituzionali né parlamentari né consiglieri regionali. L’ha confermato al Fattoquotidiano.it l’ufficio stampa del Viminale. Il nuovo regolamento è subentrato ieri, dopo la diffusione di una circolare riservata firmata dal Ministro dell’Interno Roberto Maroni, con la quale si istituisce una sorta di legge speciale per cui a fronte dell’emergenza profughi viene impedito l’accesso ai Cie a chiunque, tranne che a rappresentanti di associazioni accreditate con il ministero. Porte aperte quindi solo ad Amnesty International, Alto Commissariato Onu per i Rifugiati e Caritas. Ma solo dopo una richiesta scritta e comunicata in anticipo. Le nuove norme rendono di fatto molto più difficile appurare le condizioni di vita dei reclusi all’interno delle strutture d’identificazione.
Le prime conseguenze del regolamento si sono viste nel primo pomeriggio a Bologna. Una delegazione composta dai consiglieri regionali Gian Guido Naldi e Monica Donini ha chiesto invano di poter entrare al Cie per un’ispezione. Il rifiuto è arrivato dopo una trattativa di mezz’ora. Nel Cie non è riuscito ad accedere neanche Raffaele Salinari, rappresentante dell’associazione “Terres des hommes” riconosciuta dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati. “Fino a ieri Salinari poteva presentarsi al Cie senza neanche annunciare la visita – dice il consigliere Donini – invece oggi anche a lui è stato impedito di entrare, perché sprovvisto di una richiesta scritta”.
“Siamo di fronte a un sopruso – denuncia Naldi, di Sinistra Ecologia e Libertà – finora ci è stato impedito di verificare le condizioni di questa struttura sulla base di una circolare illegale”. E anticipa: “Siamo pronti a discuterne anche in consiglio regionale. Siamo convinti che occorra un’iniziativa di tipo istituzionale oltre che politico, affinché non venga negata la facoltà di vedere cosa succede in questi luoghi”. E Donini conferma: “Una legge regionale del 2004 consente alla Regione di acquisire costantemente informazioni sull’ingresso negli attuali Cie, e riconosce il diritto a tutte le persone presenti nel territorio dell’Emilia Romagna, quindi anche quelle dentro i Cie, l’accesso ai servizi socio sanitari”. Secondo la Donini, inoltre, il mancato ingresso delle istituzioni rende di fatto i Cie “dei luoghi al di fuori di ogni giurisdizione. Veri e propri buchi neri”.
Non è la prima volta che fuori dal filo spinato del centro di via Mattei a Bologna si scatenano le proteste per le scarse informazioni sulla vita delle persone rinchiuse. Un mese fa, in occasione dello sciopero dei migranti del 1 marzo, un gruppo di attivisti aveva superato la prima recinzione ottenendo l’accesso di una delegazione. Sull’onda delle loro manifestazioni, inoltre, alcuni tunisini reclusi avevano dato fuoco a dei materassi.