Qual è l’idea di base che ti ha aiutato a “costruire” la tua Babele?
Babele è nato dall’idea di realizzare un concept album. Lo spunto iniziale è arrivato da un breve racconto che avevo realizzato, che ho sviluppato e ampliato attraverso le canzoni del disco. A un anno dalla pubblicazione del disco ho poi completato il progetto con una ristampa in vinile che contiene il romanzo breve di “Babele”, accompagnato da alcune tavole realizzate da diversi illustratori italiani coordinati da David Vecchiato di Mondo Pop. Sono molto affascinato dalla contaminazione tra diverse forme d’arte.
Perché la decisione di intitolare così il tuo album?
Innanzitutto trovo che questo titolo evochi bene i temi centrali del disco ed il modo in cui vedo la società in cui vivo: tante persone che parlano ognuno una lingua diversa, chiuse nel proprio egocentrismo e incapaci di tollerare punti di vista diversi dal proprio, di comprendersi e di condividere qualcosa. Inoltre il brano Babele è stato l’ultimo del disco che ho scritto, ed è l’unico in cui sono passato dal concetto di “io” a quello di “noi”, allargando lo sguardo dalla soggettività di un individuo a un malessere collettivo e generazionale.
Come nascono le tue canzoni e cos’è che ti ispira quando scrivi?
Non è facile rispondere, ma credo di poter dire che solitamente nascono in due fasi. La prima è molto istintiva ed è quella da cui nasce lo scheletro della canzone: un’immagine, un pensiero o qualsiasi altra cosa con cui entro in contatto che fa scattare in me una scintilla che quasi inconsciamente traduco in musica e parole. Se poi è necessario subentra una seconda fase, più razionale e fatta di un paziente lavoro in cui completo e rifinisco il brano nei dettagli.
È questa l’Italia del bunga-bunga, della disoccupazione tra giovani crescente, delle rivolte in Nordafrica inizialmente ignorate e dell’emergenza immigrati. Come vive tutto questo un artista?
Ovviamente con non poca preoccupazione. Sono tempi molto difficili, non solo per quello che sta succedendo nel nostro Paese, ma perché c’è poca ricettività nella maggior parte della gente rispetto a questi argomenti. Penso ai livelli di macchiettismo a cui è giunta la nostra politica interna e alle politche economiche miopi che vengono perseguite, all’arretratezza culturale ed ostilità con cui viene affrontata la presenza di immigrati nel nostro Paese, all’indifferenza verso i problemi in Nordafrica e in molte altre parti del mondo (ad esempio la Palestina) che vanno avanti ormai da decenni e di cui in buona parte sono responsabili anche i governi occidentali. Troppe persone si fanno ancora imboccare dalle notizie filtrate dai telegiornali ufficiali e dai giornali finanziati dai partiti politici, anziché andarsi a cercare un’informazione libera e indipendente, formarsi una propria opinione e dare vita ad un confronto vero e costruttivo. Non a caso un brano di Babele si intitola proprio “Io non mi riconosco nel mio Stato”.
Se chi ascolta le tue canzoni è alla ricerca di se stesso, cosa capirà ascoltando il tuo disco?
Sulla necessità di mettersi completamente in discussione come primo passo necessario per partire alla ricerca di se stessi e del proprio equilibrio. Credo che uno dei temi centrali di “Babele”, insieme a una insofferenza per una società che anziché aiutarci in questo ci complica ulteriormente le cose, sia proprio quello che una mancata conoscenza di noi e un mancato superamento dei nostri sensi di colpa non ci permettono di instaurare rapporti affettivi e comprenderci con le altre persone.
Cos’è per te la trasgressione?
Un concetto positivo quando significa non omologarsi e affermare un pensiero libero ed autonomo. Ultimamente però mi sembra che questo termine sia diventato molto di moda nel marketing, associato al consumo eccessivo di un qualche prodotto o all’adesione a determinati cliché. Direi che mi piace di più il termine “anticonformismo” comunque.
Ultima domanda: secondo te una canzone nasce meglio dalla felicità o dalla tristezza?
Probabilmente è più facile farla nascere dalla tristezza, che è intrinsecamente più poetica della felicità perché ci pone davanti al vuoto dei dubbi di una esistenza incerta e labile. D’altra parte non credo nel nichilismo a tutti i costi e ritengo che anche la felicità, se accompagnata dalla giusta dose di consapevolezza, possa essere un’importante fonte di ispirazione per una persona.
Marco Notari “BABELE” Artes Records/EMI