A meno di quattro anni dal grande evento, oltre alla definizione dei terreni, all'appello mancano i soldi che dovrebbero andare a quelle realtà che dovrebbero riempire di contenuto lo slogan dell'esposizione "Nutrire il pianeta"
Si prenda per esempio il caso delle associazioni del Terzo settore a cui Expo ha messo il suo “timbro” e che quindi dovranno in qualche modo “lavorare” per l’esposizione. Queste però si domandano sotto che forma, ma soprattutto, con che soldi? Visto che di promesse nei mesi scorsi ne hanno sentite tante a differenza di fatti e iniziative concrete. Quindi mancano gli stanziamenti. Eppure stiamo parlando di realtà, milanesi ma non solo, che portano in dote iniziative a volte rivoluzionarie, dal grande valore scientifico, che rispondono al problema della fame nel mondo e della desertificazione del pianeta. Ma per il momento non sembra esserci spazio per loro all’interno dell’Expo.
Reach Italia Onlus è una Ong (organizzazione non governativa) con sede a Milano, ma con unità operative un po’ in tutto il mondo. Si occupa di cooperazione internazionale e di sostegno a distanza. Ha presentato un progetto per il recupero delle terre fortemente degradate, che ha avuto ottimi risultati nel Sahel del Burkinabé in Africa. Il gruppo di lavoro di Expo, venuto a conoscenza di tutto questo in un convegno organizzato a Sesto San Giovanni nel 2009, ha voluto prender nota del piano di Reach Italia contro la desertificazione, inserendo l’associazione no-profit tra gli “espositori” che nel 2015 potrebbero essere chiamati a spiegare il loro progetto al mondo. E così Reach Italia è per il momento tra le poche realtà, se non l’unica, che ha avuto il permesso di siglare tutto il materiale informativo relativo al progetto di “recupero delle terre” col logo di Expo.
Detto questo altre certezze non ce ne sono. “Non si sa nemmeno se alla fine esporremo o no” dice Fabrizio Fratus, responsabile comunicazione di Reach Italia. “Da Expo Spa – aggiunge – ci ripetono solo che per il momento soldi non ce ne sono e che mancano i piani di lavoro”.
Da Reach Italia come anche dal coordinamento lombardo delle Ong, il Colomba, si domanda maggior trasparenza. “Il problema – prosegue Fratus – non è solo una questione di spazi espositivi, ma anche di finanziamenti. Perché la realizzazione di questi progetti ha bisogno di risorse”. Da più parti si vocifera che i fondi saranno distribuiti a pioggia; ma con che razionalità? Ci si chiede. “A ragion veduta dovrebbero essere le Ong più virtuose a goderne” si puntualizza da Reach Italia, già pensando ai temuti sprechi ed alle regalie per i soliti “amici degli amici”.
“Da parte nostra – dice Emanuele Pinalli, rappresentante di più di un centinaio di Ong aderenti a Colomba – vorremmo che all’interno di una manifestazione che per ora non sembra promettere grandi cose, si parli di cooperazione e solidarietà in modo da rimettere in discussione le politiche di sviluppo, i comportamenti delle grandi istituzioni internazionali e gli obiettivi di una globalizzazione che per ora ha ‘messo in comune’ più i problemi che le soluzioni”.
L’Expo – prosegue Pinalli – “è un retaggio del passato, uno strumento di promozione della scienza, della tecnologia che non dovrebbe essere fiera ma che continuamente rischia di diventarlo. Almeno, anni fa, le fiere erano strumenti innovativi. Oggi certamente lo sono molto meno. Per fare un Expo non si dovrebbe ‘fare semplicemente una mostra’ ma declinare un tema, diffonderlo tra le persone, farlo conoscere e sollecitare un’attenzione ai metodi innovativi con cui quel tema è affrontato”. Questi sono i motivi per cui l’Expo 2015 interessa al mondo del no-profit. E allora, perché non coinvolgerlo maggiormente?”