“Una manifestazione assolutamente necessaria”. Sulla manifestazione del 9 aprile non ha dubbi Carlo dell’Aringa, economista del lavoro alla Cattolica di Milano e per anni ai vertici dell’Aran, la controparte dei sindacati nelle trattative sui contratti nella pubblica amministrazione.
Professor dell’Aringa, cosa pensa della manifestazione del nove aprile?
Che è assolutamente necessaria per quello che riguarda la difesa del diritto al lavoro, ma anche all’istruzione. Un tema che deve continuare a rimanere vivo negli interessi del Paese. Parlo di scuola perché è uno dei settori maggiormente colpiti dai tagli di questo governo e che oggi conta un numero di disoccupati allarmante. È necessario risanare questa situazione esigendo una maggiore trasparenza sulle assunzioni e sui concorsi.
Italia è un Paese diviso tra precari e furbetti?
Dico solo che si deve garantire quello che la Costituzione prevede e cioè l’assegnazione dei posti pubblici secondo regole trasparenti per tutti e non tramite chiamate dirette che dietro nascondono chissà cosa. I giovani fanno bene a scendere in piazza per chiedere lavoro e trasparenza. Per ristabilire i giusti equilibri tra qualità, merito e diritti. Anzi, chiedo di insistere ancora sulla questione scuola perché un Paese che trascura così la formazione e la preparazione dei giovani non verrà mai fuori da questa crisi.
Il futuro del Paese è in mano ai giovani?
Se questa classe politica riuscisse a capirlo avremmo già fatto un passo in più. Il punto è che non si riesce a colmare un gap importante in Italia: il passaggio dagli studi, quando non si cerca di smantellare l’università, al lavoro diretto. Condizione questa che di fatto rischia di bruciare intere generazioni.
E le conseguenze si faranno sentire a lungo.
Certo che sì. La mancanza di un inserimento diretto al lavoro genera cicatrici nel carattere dei giovani e dell’Italia alimentando un sistema che sfocia nel patologico e nell’illegale. Mi spiego meglio: la transizione tra scuola, università e lavoro è trascurata a tal punto che si fa degli stage un vero abuso così come strumenti analoghi. I contratti atipici che dovrebbero servire all’inserimento diretto nel mondo del lavoro diventano dei sistemi di sfruttamento a tutti gli effetti che perpetuano il precariato l’illegalità.
Un sistema dunque fuori controllo quello dell’inserimento al lavoro?
Ci sono una serie di cose fuori controllo che riguardano certo il primo approccio dei giovani al mercato del lavoro, ma anche la ricollocazione di chi un lavoro non ce lo ha più. Si fa leva sulle necessità di chi deve lavorare e si assoggetta il bisogno al ricatto senza diritti e tutele. Serve un valorizzazione del capitale umano che deve essere incentivato e messo in condizioni di competitività rispetto al resto dell’Europa dove studio e lavoro vanno di pari passo. Auguro alla piazza di sabato di riuscire a ridettare la linea di correttezza e trasparenza ad un Paese che sembra aver perso la retta via.