Dieci anni dopo, nel marzo 2011, è il lato francese ad essere chiuso (la Francia è tra i primi firmatari degli accordi Schengen, in vigore dal 26 marzo 1995); non una chiusura totale, bensì selettiva. Obiettivo di questo provvedimento è il respingimento dei migranti tunisini che, una volta sbarcati a Lampedusa, si sono diretti verso la meta reale del loro viaggio: la Francia. Qui infatti risiede la maggioranza dei tunisini all’estero (circa 600mila, ovvero il 6% dell’intera popolazione tunisina). Arrivare in Francia significa dunque ricongiungersi con un parente o con degli amici e – aspetto non secondario – avere la possibilità di parlare una lingua conosciuta.
La rivoluzione dei gelsomini ha dato la possibilità di riprendersi il futuro a migliaia di uomini e donne. Molti hanno deciso di rimanere nel proprio paese per ricostruirlo dopo decenni di dittatura, altri hanno scelto la scommessa del viaggio verso l’Europa mettendo a repentaglio la propria vita (sul blog di Gabriele Del Grande trovate le loro storie), nella convinzione che questa scelta fosse l’unica alternativa alla disoccupazione accresciuta dal crollo del turismo e dalla crisi economica.
Come molto spesso accade, i punti di frontiera e di passaggio ci permettono di riflettere su cosa si trinceri dietro queste linee. Qui parliamo di Europa: un continente che in questo momento è unito solo dalla moneta comune e appare invece diviso su tutto il resto. Il protagonismo dei migranti ci aiuta a pensare un’altra idea d’Europa, intesa come spazio comune: uno spazio in cui le persone siano libere di circolare, uno spazio che si ponga in dialogo con l’altra sponda del Mediterraneo, consapevole che l’uscita dalla crisi e dal declino del vecchio continente può avvenire solo grazie alla contaminazione culturale e alla cooperazione con altri popoli. Abbiamo bisogno di uomini e donne con cui condividere idee e scommettere sul nostro futuro, non di nuovi confini e respingimenti.
Vignetta di Arnald – Per ingrandire clicca qui