In sostanza scatole vuote, registrate solo per assicurarsi sgravi fiscali. “Quello delle aziende senza dipendenti non è un’anomalia per San Marino”, ha affermato Carlo Giorgi, segretario generale dell’Associazione nazionale dell’industria sammarinese, “ci sono immobiliari, piccoli artigiani o holding trasformate in srl, con i titolari neanche in busta paga”. Sono società legali, assicura Giorgi “ma 3200 è un numero molto elevato e bisogna fare chiarezza”.
Fare chiarezza vuol dire chiudere le aziende fantasma. Attraverso controlli sistematici per adesso sono state chiuse 54 società. Tra queste anche una presente a San Marino da 12 anni, e che, pur essendo senza dipendenti, aveva un giro di esportazione verso l’Italia di 80 milioni di euro. “Una tale cifra è impossibile da raggiungere senza avere una struttura forte alle spalle”, dice Giorgi, “aziende del genere vanno chiuse immediatamente perché danneggiano lo Stato e l’economia legale”.
Riciclaggio, denaro sporco, criminalità organizzata. Il piccolo Stato a confine con la provincia di Rimini “ha fatto per anni da collante per la criminalità organizzata perché per anni non c’è stato alcun controllo sul denaro in entrata”, dice Paolo Giovagnoli, procuratore capo di Rimini.
Dal 2009 al 2011, secondo i dati forniti dal commissionario della legge della Repubblica di San Marino, Rita Vannucci, ci sono stati oltre 10 milioni di euro sequestrati dalla magistratura nell’ambito di indagini sul riciclaggio di denaro sporco. Un paradiso fiscale per le mafie che cercano di introdursi nel tessuto economico riminese e trovano in San Marino il luogo ideale per riciclare denaro. “Fino al 2008 la struttura normativa che avrebbe dovuto regolare il sistema bancario era inesistente”, dice il magistrato. Qualcosa è cambiato quando gli organismi internazionali hanno chiesto a San Marino di potenziare i controlli sul denaro in entrata ed in uscita sgretolando parzialmente il segreto bancario.
“Negli ultimi 3 anni si sono avute diverse segnalazioni dall’Aif”, spiega Vannucci, “e solo negli ultimi 3 mesi sono state emesse 3 ordinanze di rinvio a giudizio. Una riguardante un malavitoso, in carcere all’estero per traffico di stupefacenti, i cui familiari avevano ottenuto un mandato fiduciario per trasferire 1 milione di euro su un conto del Titano. Altre per due casalinghe che avevano aperto “conti dove erano confluiti somme ingenti di denaro, provenienti da attività illecite”.
“San Marino deve diventare un posto dove non è vantaggioso portare i soldi della criminalità”, dice Giovagnoli. “Lo strumento migliore per combattere le mafie è attaccare i patrimoni mafiosi”, ha affermato il procuratore di Bologna Roberto Alfonso. E proprio a San Marino, mentre nel 2008 non sono state effettuate confische, nel 2009 sono stati confiscati 1 milione di euro di beni, nel 2010 6 milioni per effetto di rogatorie e 2 milioni e 180 mila euro per indagini interne. Nel 2011, in pochi mesi sono già pari a 826 mila euro per rogatorie e a 1 milione e mezzo per indagini interne i beni confiscati”.
Uno dei clan che hanno insidiato il territorio sammarinese e quello riminese è la famiglia dei Vallefuoco, originario di San Antimo e Afragola in provincia di Napoli. I Vallefuoco, presenza nuova anche nella Riviera romagnola, sono stati coinvolti in un giro di estorsioni e usura nel riminese e, prima di essere fermati dall’operazione Vulcano, stavano tentando di allargarsi a San Marino dove avrebbero voluto acquistare la finanziaria Fincapital.
Ma i Vallefuoco a San Marino sono conosciuti anche per un forno, che per un intero anno, il 2009, ha rifornito tutte le mense della Repubblica. I proprietari del forno, Giuseppe e Angelo Vallefuoco, non sono coinvolti ufficialmente nelle indagini della Dda di Bologna, ma le vicende a loro legate sono sono ancora sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Il 16 novembre 2009 hanno improvvisamente chiuso l’attività e rinunciato a nuovo appalto. Ma fino a quel giorno non s’ è mai capito come l’azienda, con un solo dipendente, abbia potuto vincere appalti per rifornire tutte le mense delle scuole di San Marino. Inoltre erano diventati fornitori della Camst, ditta che rifornisce le mense per la provincia di Bologna, e della reggiana Cir Food, che dopo aver saputo dell’inchiesta hanno preso le distanze dall’impresa dei fratelli Vallefuoco.