Il portavoce del Pdl si scaglia contro Wikileaks e le sue rivelazioni per attaccare "l'assedio mediatico" di cui sarebbe vittima Silvio Berlusconi
Secondo il portavoce azzurro, lo “spirito anarcodistruttivo” che caratterizza Wikileaks, impegnato a diffondere informazioni riservate, ha “colpito al cuore la capacità dell’Occidente di difendere se stesso” e “ha compromesso, o almeno ostacolato, la nostra futura possibilità di aiuto e sostegno ai dissidenti democratici che, nei loro paesi, si battono silenziosamente e clandestinamente per il rovesciamento delle dittature che li affliggono”. I cables diramati online avrebbero dunque messo a rischio le iniziative dei liberi cittadini di opporsi alle dittature. Il contrario di quanto è recentemente avvenuto in Tunisia, dove i leaks che svelavano la corruzione e gli affari della famiglia di Ben Ali hanno accelerato la rivolta popolare. Non è un caso, infatti, che il regime nei giorni prima della sommosse avesse tentato di bloccare l’accesso al sito. Ma di questo, come delle rivelazioni dell’ambasciatore Usa Ronald Spogli secondo cui Berlusconi aveva una “reputazione disgraziatamente comica”, Capezzone non parla. Nelle ottanta pagine del saggio, l’autore evidenzia la violazione della riservatezza di dati sensibili che tali devono rimanere perché “la trasparenza integrale e senza eccezioni è un’utopia pericolosa e violenta”. Per dimostrarlo, l’ex radicale abbandona Wikileaks e sposta il paragone sui cittadini: scrive che nessuno di noi vorrebbe “vedere pubblicate le proprie analisi cliniche e cartelle mediche” o “trascritte da qualche parte, e naturalmente accessibili a tutti, ogni nostra telefonata, ogni nostra mail, ogni nostro sms” o “vedere su youtube i video delle nostre più o meno goffe, o più o meno esaltanti, prestazioni sessuali”.
Il diritto alla privacy di ogni cittadino poi, ben lontano dalla mission dichiarata dello scritto, diventa la metafora per discutere di giustizia. Capezzone si aggancia infatti alla divulgazione delle intercettazioni che ha coinvolto Silvio Berlusconi e avrebbe “passato al setaccio la sua vita” riversandola sulle pagine dei giornali. Secondo il portavoce si tratta di un “vero e proprio assedio mediatico-giudiziario” perpetrato dalla sinistra, dimentica del “principio sacro della presunzione di innocenza e di qualunque parvenza di garantismo” che avrebbe spiato, schedato, intercettato e “sputtanato” anche gli altri attori coinvolti nelle intercettazioni. La pretesa della trasparenza, scrive, nasconde “sinedri oscuri e inconoscibili”: basti osservare i meccanismi “kafkiani” che regolano Facebook, i criteri opachi dei motori di ricerca, e l’anonimato perpetrato anche dal collettivo di Wikileaks che ha contribuito a creare una “terrificante enciclopedia sovietica partecipativa”. Il progetto di Assange porta in sé il “potenziamento della peggiore lotta politica, a cui alcuni leader sono stati sottoposti”.
Tra gli esempi Berlusconi, nel mirino “da circa 16 anni, il che rende la sua resistenza un fatto politico oggettivamente eccezionale”, soggetto a ripetuti tentativi di “mostrificazione” da parte degli avversari politici e “circondato dal rifiuto di disconoscimento e dal tentativo di delegittimazione permanente da parte di una rilevante minoranza del paese”. E sulla vicenda giudiziaria del premier hanno avuto un ruolo dirimente le intercettazioni che in Italia, scrive Capezzone, “avvengono in quantità letteralmente mostruose e a volte – di fatto – perfino in forme di dubbia legalità” perché le tecnologie “rendono possibile anche una manipolazione poco visibile del materiale intercettato, sempre a danno della persona ‘da colpire’”. Più che un manifesto contro Assange, il libro è come lo definisce l’autore, un piccolo “atto d’amore”. Per il Popolo della Libertà e Silvio Berlusconi.