La firma del contratto integrativo per i 300 lavoratori della Fiera di Bologna spacca il sindacato. Così nella giornata che riunisce le istanze di tutti i lavoratori, la Cgil di Bologna preferisce ballare da sola. Per la prima volta nella storia, la festa del primo maggio sotto le Due Torri sarà a ranghi sindacali separati. Le piazze sono già “prenotate”, e questa volta non c’è l’intenzione di coinvolgere Cisl e Uil: “Non ci sono le condizioni per una gestione tradizionale”, ha tagliato corto il leader bolognese Danilo Gruppi. Il concetto è semplice: scannarsi tutto l’anno e andare a braccetto in piazza “sarebbe ipocrita nei confronti della realtà”.
“Una decisione estremista”, è l’immediata condanna del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. Il quale ha assicurato che l’organizzazione nazionale unitaria non è in discussione. Un esempio che però, per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, “la dice lunga su un Paese diviso, nel quale si perdono anche i valori condivisi”.
Di “scippo” e di “colpo di mano” ha parlato la Uil locale. Ancora più dura a Bologna la reazione della Cisl. Per il segretario Alessandro Alberani si tratta di una “una scelta antistorica e antidemocratica, di un’arroganza inaudita. Dal ’44 la festa è stata fatta insieme”. Alberani ha spiegato di aver avvisato il prefetto per le possibili tensioni: “I miei delegati vorrebbero sfilare con le bandiere della Cisl in mezzo a quelli della Cgil. Ma io, con un senso di responsabilità che la Cgil non ha, li ho richiamati all’ordine”, ha proseguito. E ha raccontato che in una lettera ricevuta dal suo collega Gruppi, questi gli ha motivato l’andare da soli, con il desiderio di dare “la giusta visibilità allo sciopero generale. Il primo maggio, però, non è della Cgil, ma di tutti i lavoratori”, ha concluso.
Ma cosa è successo per arrivare a una decisione così radicale? I motivi sono da ricondurre al referendum dei lavoratori per la trattativa del contratto integrativo della Fiera. A partire dal 30 settembre scorso, infatti, al tavolo della trattativa si siedono oltre ai vertici della Fiera, Cgil, Cisl e Usb per definire il passaggio al nuovo contratto. In quell’occasione la Fiera propone prima di tutto un’armonizzazione, ossia un accordo secondo il quale il nuovo regolamento della Fiera doveva tenere conto delle condizioni di lavoro esistenti previste dal vecchio contratto aziendale. Questa viene in un primo momento firmata dalla sola Cisl, firma poi ritirata, mentre Cgil evidenzia la necessità di vedere il contratto nella sua interezza prima di accettare.
Nel frattempo a Roma procedono le discussioni per il rinnovo del contratto nazionale che secondo Cgil riporterebbe passaggi “peggiorativi e antidemocratici” delle condizioni dei lavoratori in caso di malattia, e soprattutto perché il nuovo testo non prevede la possibilità di contrattazione aziendale per le sigle sindacali che non aderiscono, tanto che il 26 febbraio scorso il ministero sigla un accordo del Lavoro con Cisl e Uil per il contratto nazionale, mentre Cgil rifiuta.
Contemporaneamente a Bologna la trattativa va avanti con un incontro, al quale Cisl non si presenta, dove Cgil e Usb siglano un accordo di contratto che a quanto ha detto Fabio Fois di Filcams-Cgil sarebbe emendato dalle parti peggiorative in discussione a livello nazionale. Proprio questo preaccordo avrebbe portato la Filcams a coinvolgere democraticamente i lavoratori.
“In attesa della firma del contratto collettivo nazionale – spiega Fois – per blindare gli accordi presi a fino a questo momento con la Fiera, abbiamo deciso di coinvolgere democraticamente i lavoratori dell’expo (circa 300 tra contratti a tempo indeterminato, contratti di part-time verticale e contratti a termine) facendoli votare domani e dopodomani in un referendum”. Inutile dire che Cisl sta chiedendo ai lavoratori di votare no, tuttavia se al referendum la maggioranza dovessero decidere di seguire la linea di Cgil, la Fiera di Bologna rappresenterebbe un vero e proprio precedente a livello nazionale.
A fronte di tutto ciò la reazione di Cisl non si è fatta attendere e l’attacco ha puntato dritto al rapporto che lega la Cgil e Duccio Campagnoli, attuale consigliere delegato della Fiera ed ex segretario della Camera del lavoro. “Siamo stati descritti – ha ricordato Gruppi – come un sindacato giallo in combutta con Campagnoli. Questa a mio parere non è la normale dialettica sindacale che si basa su pareri diversi e che mira a una sintesi. Questa secondo me è ostilità, oltre che un tentativo, come sta avvenendo a livello nazionale, di escluderci dalle trattative”.
In questa atmosfera di tensione dunque non è difficile far rientrare la decisione della Cgil di festeggiare in modo non tradizionale e unitario la festa del lavoratori. “Io mi aspetterei un atto riparatore – ha detto Gruppi – e magari anche un distinguo rispetto alle posizioni prese a livello nazionale da Cisl e Uil”.