La votazione sul conflitto di attribuzione, quella che ha ratificato la barzelletta sul vecchio Silvio, zio Mubarak e la piccola Ruby, è stata una vera e propria apoteosi del conflitto di interessi, anzi una vera e propria orgia dell’interesse privato in atti pubblici. Forse con il Fatto potremmo lanciare una proposta di legge di iniziativa popolare per istituire la “Giornata nazionale del conflitto di interessi”, la data del 5 aprile potrebbe essere scelta come data simbolica dello spirito dei tempi.
Non ci riferiamo solo e soltanto alla votazione incriminata, ma anche a quella successiva che forse è sfuggita ai più: appena salvato il datore di lavoro, infatti, un manipolo di ministri e di sottosegretari ha lasciato di corsa l’aula, anche perchè all’ordine del giorno vi era una legge sui piccoli comuni che non conteneva nulla che riguardasse Berlusconi e la sua corte e neanche stati stranieri e parenti egiziani. Puntualmente, alla prima votazione, la maggioranza è andata sotto. La vicenda simboleggia, in modo esemplare, l’essenza del conflitto di interessi che si fonda non solo sulla tutela del privilegio di uno, ma anche e soprattutto sul disprezzo degli interessi degli altri.
Per fortuna esistono ancora donne e uomini che non rinunciano alla propria dignità e continuano a riunirsi davanti ai palazzi delle istituzioni e nelle piazze per affermare la loro volontà di tutelare la legalità repubblicana.
Qualsiasi ricostruzione, morale e materiale, dovrà ripartire dallo loro passione civile e dal loro amore per la cosa pubblica, che è quanto di più lontano esista dalla fiaba, anzi dalla realtà, del vecchio satiro, della igienista dentale, della prostituta brasiliana e degli avvocati deputati che fanno finta di credere che gli asini possano volare e che il mafioso Mangano coltivasse le piante nel giardino di Arcore.