Mercoledì sera don Giorgio De Capitani, durante la trasmissione Exit su La7, ha lanciato una fatwa contro Silvio Berlusconi: “Spero che Dio gli mandi un ictus”.

La sera prima ero finito in mezzo a un analogo rito da ayatollah, presentando con don Paolo Farinella il numero doppio di MicroMega su Berlusconismo e Fascismo in una libreria genovese, quando il noto biblista ci ha spiegato con il suo linguaggio oracolare che la dottrina della Chiesa autorizza l’assassinio del tiranno. “In senso metaforico?”, gli è stato chiesto. “No, in senso reale”, ci ha risposto. E parte del folto pubblico presente lo ha assecondato con manifestazioni di entusiasmo.

Non posso che ribadire quanto dissi in quella sede, concludendo l’incontro: la civiltà politica presuppone (meglio, impone) che Silvio Berlusconi venga battuto politicamente e soltanto politicamente. Non certo mettendo in campo una barbarie uguale e contraria. Questo è l’imperativo per noi democratici, che a suo tempo inorridimmo alla fatwa di Khomeini contro lo scrittore Salman Rushdie.

Aggiungevo che l’ordinamento democratico, grazie alla dialettica tra maggioranza e opposizione, nacque come simbolizzazione incruenta e pacificata delle violenze assassine insite nel conflitto civile cruento. E se l’orrido Berlusconi continua a restare in sella, beh questo è un problema per noi che gli siamo assolutamente contrari: la necessità inderogabile di ripensare radicalmente le strategie politiche e comunicative con cui lo contrastiamo. Ma senza tirare mai in ballo Dio e la sua presunta collera, visto che da alcuni secoli per noi laici vale il principio teorizzato da Ugo Grozio come regola inderogabile della discussione in materia di questioni umane: “sive Deus non daretur” (come se Dio non esistesse)

Mi fece particolare piacere – in quell’occasione – constatare che la maggioranza dei presenti espresse consenso a quanto avevo appena detto. Resta però sempre vivo il timore che il furore fondamentalistico (sia chiaro, prodotto dall’esproprio di democrazia di cui è vittima la nostra vita politica da troppo tempo) travolga ogni ragionevolezza, per inseguire la follia del gesto insensato dottrinariamente giustificato. La barbarie si combatte con la civiltà, l’oscurantismo con la luce. Abbandonare questa via significa precipitare in qualche teocrazia, in cui sacerdoti fanatici da Anno Mille si arrogano il terribile diritto di parlare in nome di Dio.

Ma non ci rendiamo conto del degrado culturale prodotto dalle predicazioni sui fantomatici “scontri di civiltà” di questi ultimi decenni, in cui la bellicosità è aumentata sino a superare le soglie di guardia? Con relative regressioni. Lo scenario ricostruito da un grande cineasta – Ridley Scott – nel film I Crociati – Kingdom af Heaven (2005), quando gli armigeri si avviano a massacrarsi reciprocamente. I crociati accompagnati dal “Dio lo vuole” dei preti e i saraceni dal simmetrico “Allah lo vuole” dei mullah.

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