Uomo: “Signora buongiorno, ce le avete le chiavi del cancello?”
Donna: “No, me le sono dimenticate di sopra”.
Uomo: “Aspettate che vi faccio aprire”
Uno scambio di battute come tanti. Un gesto di cortesia tra quelli che appaiono come due buoni vicini di casa. Una conversazione non diversa dalle migliaia che, ogni giorno, si scambiano con chi abita nello stesso palazzo. Un quotidiano fatto di decine di buongiorno, buonasera, grazie e prego che rendono il vivere insieme “civile”.
Quello però che rende questa conversazione unica nel suo genere non è il contenuto ma il fatto che sia stata estrapolata da un’intercettazione ambientale dei Carabinieri del marzo 2009. Il palazzo in questione, infatti, è una delle più redditizie “piazze di spaccio” di Piscinola, popoloso quartiere alla periferia nord di Napoli, e l’uomo è uno dei numerosi “pusher” che si alternano nella vendita di droga. Sembra incredibile eppure è così.
Gli spacciatori sono arrivati anni fa e senza chiedere niente a nessuno hanno preso il controllo dell’androne dello stabile, trasformandolo in un vero e proprio bunker perennemente presidiato. Non c’è voluto molto. È bastato collocare un paio di sentinelle e coprire un finestrone con una grata munita di feritoia attraverso la quale consegnare le dosi agli acquirenti per fare in modo che il nuovo supermarket della droga aprisse i battenti.
Anche con i condomini non è stato difficile imporre le regole del nuovo “status quo”, anche perché le scelte non erano tante. O accettare la presenza di criminali nello spazio condominiale oppure cercarsi una nuova casa. Quelli che hanno potuto, ma sono pochissimi, hanno traslocato ma per la maggior parte degli inquilini è stato più semplice chinare la testa e tirare avanti. Una scelta obbligata per chi non ha i mezzi per cambiare vita e l’unica cosa su cui può fare affidamento è un minuscolo appartamento dell’Istituto Autonomo Case Popolari. Così è iniziata questa convivenza anomala, una delle tante della periferia napoletana. La storia è sempre la stessa, da Secondigliano a Ponticelli. Gli uomini dei clan arrivano e si prendono quello che vogliono, trasformando intere palazzine in “piazze di spaccio” o in roccaforti dove ospitare boss e gregari.
Analogo è quanto accaduto ad alcuni inquilini di uno stabile dei pressi di Piazza Carlo III costretti a subire la presenza costante di alcuni affiliati del clan Contini che avevano scelto la palazzina come sede per i loro incontri e dove, per essere sicuri di non essere disturbati da visite indesiderate, avevano fatto montare più di 30 telecamere in modo da controllare anche il più piccolo movimento.
In altri casi, invece, per gli abitanti degli stabili presi di mira dai clan non è bastato subire la presenza della camorra negli spazi condominiali, ma sono stati costretti ad abbandonare le loro abitazioni in modo che potessero essere occupate dai soldati del “sistema”.
Al rione Pazzigno, periferia orientale di Napoli, le forze dell’ordine sono dovute intervenire più di una volta per sgomberare gli appartamenti che gli uomini dei clan avevano occupato abusivamente cacciando i legittimi assegnatari e per smantellare garitte, impianti di videosorveglianza e ostacoli in muratura che dovevano assicurare sonni sereni ai boss. Ogni volta però, passata la buriana, i clan hanno rioccupato le abitazioni e ricostruito le difese.
Tra Scampia e Secondigliano, invece, durante la sanguinosa faida che contrappose gli uomini dei Di Lauro al gruppo degli “scissionisti”, numerose famiglie furono costrette ad abbandonare le loro abitazioni perché sospettate di parteggiare per l’una o l’altra fazione. Chi si rifiutò di farlo fu minacciato, picchiato oppure ucciso. Come nel caso di Carmela Attrice.
Ciro Sarno, ex capo dell’omonimo clan camorristico di Ponticelli, per la sua “capacità” di sostituirsi alle istituzioni nell’assegnazione delle case popolari si conquistò il soprannome di “o’ Sindaco”.
Di esempi se ne potrebbero fare ancora decine. Quello che però lascia sconcertati, è la totale mancanza d’iniziative da parte delle istituzioni nonostante questi episodi siano sotto gli occhi di tutti.
di Luigi Sabino
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