Annega nel lago di Como la vicenda capitata a Abiola Wabara. Vengono ridotte a maleducazione parole come “negra di merda” e “scimmia”. E a due giorni di distanza dall’accaduto nessuno ancora ha chiesto scusa alla giocatrice della Geas di Sesto San Giovanni (e della Nazionale italiana) nata a Parma da genitori nigeriani. Il primo a non voler sentir parlare di razzismo è Pietro Vierchowod, ex calciatore e allenatore, oggi commentatore televisivo, che proprio in questi giorni ha lanciato l’idea di potersi candidare a sindaco di Como nelle elezioni del prossimo anno. “Questo fatto non ha niente a che vedere con il razzismo – incalza –. Si tratta di ignoranza di alcuni a scapito di tutti. Conosco bene questa città nella quale vivo ormai da 34 anni. I razzisti poi non siamo certo noi italiani. Basta vedere come si sta comportando la Francia in questi giorni”. Insomma, mentre tutta la stampa anche europea riportava quanto accaduto alla giocatrice di Parma, a Como si minimizzava sugli sputi lanciati durante la gara di ritorno dei quarti dei play off del campionato di Serie A di mercoledì scorso vinta dalla Geas (65-75).
Secondo le cronache alcuni sostenitori della Comense, tra loro anche ultrà calcistici infiltrati, hanno ripetutamente rivolto vergognosi insulti alla Wabara e ad alcune delle sue compagne. A fine partita poi il secondo round con una quindicina di ragazzi scatenati contro la giocatrice. Reazioni pubbliche di condanna a tutto ciò? Si possono contare sulle dita di una mano: Dino Meneghin (presidente della Fip), il vicesindaco di Sesto San Giovanni Demetrio Morabito e, proprio dalle colonne de Il Fatto Quotidiano, il presidente regionale del Coni Pierluigi Marzorati ha dichiarato di voler invitare la giocatrice nella sede milanese.
Como, la città sul lago, a due passi dalla Svizzera, a sentire alcuni non sarebbe troppo ospitale soprattutto negli ultimi anni. “È solo un detto. Spesso girano chiacchiere che non hanno alcuna ragione di esistere”, commenta don Agostino Clerici, parroco e direttore responsabile del periodico diocesano Il Settimanale. Il sacerdote dice di non conoscere nel dettaglio la vicenda di Abiola Wabara, ma esclude possano esserci connessioni tra un certo tipo di messaggio politico (ad esempio il “fuori dalle balle” del ministro Umberto Bossi ai migranti di Lampedusa) e gli insulti lanciati nel palazzetto dello sport. “Certamente i politici hanno le loro responsabilità come del resto anche i mezzi di comunicazione, ma rifiuto di sostenere che una parte politica piuttosto che un’altra abbia una visione razzista”. Nessuno vuol sentire parlare di discriminazioni. “Nella mia parrocchia ci sono alcuni simpatizzanti leghisti che promuovono raccolte da destinare a progetti in favore di comunità straniere”, assicura don Agostino spostando l’ago della bilancia alla solidarietà promossa “a casa loro”.
Intanto Marco Mazzoleni, presidente della Geas, commenta: “Non vorrei che su questa vicenda qualcuno preferisse girare la testa dall’altra parte”. Solo in serata poi veniva diffuso un comunicato congiunto firmato da Stefano Pennestrì (presidente della Comense e della Lega Basket Femminile) e Mazzoleni in cui si auspica che “simili incresciosi episodi non si ripresenteranno più per la consolidata genuinità dello sport”.
E stasera alle 20:15 a Cinisello Balsamo, si replica con la “bella”, la partita decisiva per l’accesso alle semifinali.
da Il Fatto Quotidiano del 9 aprile 2011