“Giovedì ci daranno il permesso di soggiorno temporaneo, e saremo finalmente liberi. Così potremo andar via da Bologna e dall’Italia”. Mohsen è uno dei diciannove tunisini ospiti da sabato, e fino a giovedì, del Centro Beltrame di via Sabatucci. Quattro camere con cinque letti, un bagno in comune e soprattutto la libertà di uscire e “fare la spesa”, spiega Mohsen. Tutte attività che non gli erano consentite nel Cie di via Mattei da dove i diciannove tunisini sono stati rilasciati dopo aver ricevuto il permesso temporaneo di soggiorno, valido per sei mesi. “Dovremo presentarci in Questura giovedì alle 10 – afferma Mohsen -ma per ora abbiamo un foglio provvisorio che ci permette di essere liberi”.
“Le storie di Mohsen e degli altri tunisini sono tutte uguali”, spiega la donna delle pulizie del dormitorio, trasformatasi per un giorno in interprete. “Sono due su diciannove parlano italiano, e tutti, o quasi, vogliono andar via dall’Italia”. “Per noi l’Italia è solo una meta di passaggio – racconta Mohsen – io andrò in Francia da mio fratello, e poi in Olanda per sposare la mia ragazza che è già lì”. “Non ho intenzione di restare in Europa – continua – ma voglio tornare in Tunisia dove ho il mio lavoro in un albergo”.
“In Tunisia ora si vive male, c’è tanta immigrazione dalla Libia, dall’Egitto e non si trova più lavoro – racconta Chokri – ma appena le acque si calmeranno ci ritornerò”. “Io invece cercherò lavoro in Italia – continua Atef – altrimenti andrò in Svezia, dove già ci sono alcuni amici”.
I tunisini del dormitorio Beltrame sono già in Italia da due mesi, reclusi fino a ieri, quando hanno saputo di aver avuto il permesso temporaneo di soggiorno, nel Cie di via Mattei. “Sono arrivato a Bologna il 27 marzo – spiega Aimen – da Lampedusa sono stato portato in Sicilia ed infine qui”. “Il viaggio da Tunisi a Lampedusa è durato 24 ore – racconta Mohsen – ed ho pagato 2000 danari, circa 1000 euro”.
“Quando sono approdato sull’isola c’erano 2000 persone, e tutta la notte non ho dormito, perché parlo italiano e volevo aiutare”, racconta. “L’arrivo dei diciannove nella struttura di via Sabatucci non era programmato – spiega Tullio – operatore del dormitorio, “ci hanno avvertito sabato alle 14.30 e con l’aiuto dell’Antoniano e della Caritas abbiamo ordinato e allestito le stanze”.
Nessuno, a Bologna, si aspettava l’arrivo dei migranti, attesi martedì con una nave che approderà al porto di Ravenna. Ma i diciannove tunisini, dopo essere stati rilasciati da via Mattei, hanno preso un autobus e si sono presentati all’Urp del Comune in piazza Maggiore per chiedere un alloggio. Dopo il rifiuto di alcune associazioni, già piene, la Coop Dolce, che gestisce il dormitorio di via Sabatucci, ha accettato di accogliere i diciannove riaprendo un ala chiusa, ma giù utilizzata per il piano freddo.
“Il centro Beltrame accoglie italiani ed immigrati in regola con i documenti in cerca di un posto dove dormire, per un massimo di sette giorni”, spiega Tullio. Cibo e lenzuola, invece, sono state fornite dalla Caritas. “Bisogna offrire ai migranti un’accoglienza dignitosa – spiega Paolo Mengoli, direttore della Caritas di Bologna. “Per questo motivo abbiamo messo a disposizione 15 posti nella struttura di Villa Pallavicini a Borgo Panigale”, continua Mengoli, contrario ad allestimenti improvvisati di “sole brandine e letti, ma senza assistenza”.
Secondo il direttore della Caritas cittadina a Bologna la maggior parte dei profughi sarà ospitata nella caserma di Prati di Caprara e a Villa Aldini. La lista dei siti verrà diffusa dalla Protezione Civile martedì, ma già lunedì mattina i sindaci della provincia di Bologna, riuniti a Palazzo Malvezzi, potranno fare le loro proposte, o esporre il loro rifiuto.