Maurizio Porfiri, ingegnere elettronico di 34 anni, lavora a un progetto di ricerca per costruire un animale telecomandato che guidi il branco verso la salvezza nel caso di catastrofi ecologiche. Come lo scoppio della piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico o lo sversamento di sostanze radioattive a Fukushima
È pazzo per gli animali, per la “magica Roma” e per Brooklyn. “È stato Paul Auster, con il libro Follie di Brooklyn a farmi innamorare del più popoloso borough della Grande mela, prima ancora di arrivare qui”, confida Maurizio Porfiri, romano “e romanista”. Gli amici americani lo chiamano ‘Water wizard’. A soli 34 anni vanta il prestigioso Career Grant della National science foundation per il suo progetto sul controllo del comportamento collettivo di gruppi di animali attraverso robots biomimetici. Maurizio è stato pure inserito nella lista dei ‘Brilliant ten’ dalla rivista Popular science per la ricerca e il contributo che ha portato alla comunità scientifica del Polytechnic institute of New York university.
La sua carriera universitaria è nata alla Sapienza di Roma, dove si laurea in Ingegneria elettronica nel 2001. Ma durante il dottorato, indeciso su dove andare a vivere e a lavorare “da grande”, Maurizio salta dall’università della Capitale a quella di Tolone, passando per quella della Virginia. Poi sceglie New York dove, dal 2006, è assistant professor del dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale del “Polytechnic institute of New York university”, a Brooklyn. È rimasto in contatto con i suoi colleghi italiani del primo biennio di Ingegneria, ma è a New York che insegna: “Non posso proprio lamentarmi di nulla”, dice soddisfatto. Sarà professore effettivo dal prossimo settembre.
È qui che, con la sua èquipe, fa ricerca per trovare le caratteristiche dominanti che fanno di un pesce un leader. E per sviluppare un modello artificiale in grado di replicarle. Insomma, per creare un vero e proprio pesce-robot dotato di intelligenza artificiale e ambizioni da capo che potrebbe essere la soluzione alle catastrofi ecologiche, come quella che ha colpito le acque al largo di Fukushima. “E’ un tentativo per salvare dall’estinzione pesci e fauna rarissima – ci spiega Maurizio – L’idea è che il pesce robot telecomandato possa portare in salvo l’intero gruppo. Pensiamo di utilizzare i robot per interagire con branchi di pesci veri per portarli in salvo da zone inquinate, come per esempio il Golfo del Messico: un leader, in plastica e ferro, pronto a guidare i suoi fedeli verso acque pulite, dove preservare e moltiplicare la specie”. Ma oltre a dover preparare il boss artificiale per le sfide ambientali più difficili, il gruppo di ricerca guidato da Maurizio è anche al lavoro per garantire la completa mimetizzazione della loro creatura, perché il rapporto di fiducia con gli altri pesci parte proprio da questo, dalla sua completa integrazione.
Il risultato è già visibile: una piccola noce di cocco, che a dirla tutta somiglia poco a una creatura del mare come siamo abituati a immaginarla noi. Eppure, ha tutto quel che serve per presentarsi davanti alla truppa di pesciolini e convincerli a seguirlo: tanto per iniziare ha grosse dimensioni ed è in grado di sbattere la coda molto velocemente. Nel realizzare il pesce artificiale non sono certo mancati i problemi da risolvere. Il principale era il sistema di locomozione, risolto in modo brillante. I ricercatori che lavorano con Maurizio, infatti, hanno utilizzato un polimero elettro-attivo, in grado di modificare la struttura in base a una serie di impulsi elettrici. E quindi, capace di assorbire o espellere acqua, come una spugna, a comando. Una tecnologia di propulsione che si adatta magnificamente a una creatura artificiale destinata alle vasche di laboratorio, ma è chiaro che per condizioni come il mare aperto c’è ancora del lavoro da fare. “Questa ricerca sposa le competenze tecniche in ingegneria che ho maturato negli anni con sfrenata passione per gli animali che ho sin da bambino – racconta soddisfatto Maurizio -. Ora la trasmetto agli studenti delle elementari, medie e superiori di qui, attraverso i programmi che seguo nelle scuole di New York”.