“Sfidiamo Merola a parlare di cultura in diretta streaming, visto che non vuole più intervenire ai dibattiti perché dice che c’è la claque”. A lanciare l’amo è Giovanni Favia, consigliere regionale del Movimento a 5 stelle, che ha letto proprio oggi le ultime dichiarazioni di Virginio Merola, candidato sindaco del centrosinistra a Bologna, in merito alle politiche culturali cittadine.
Il 10 aprile Merola in un incontro pubblico al Cassero aveva detto la sua sul bando per le libere forme associative: un sistema da rivedere completamente, secondo il candidato del centrosinistra, a favore di una “forte assunzione di responsabilità da parte del sindaco e dei suoi assessori”. La proposta di Merola continuava sostenendo che il sistema della gara andasse superato e che bisognasse “premiare le associazioni che si mettono insieme”.
Una riforma che a Favia non piace affatto. Superare i finanziamenti a pioggia è un conto, eliminare i bandi pubblici è un’altra, sostiene il consigliere regionale del Movimento a 5 stelle, che accusa: “Qui c’è anche un problema di conflitto di interessi, in lista vengono messe le associazioni, si fanno cartelli elettorali per muovere pacchetti elettorali soprattutto nel mondo della cultura. Per superare il clientelismo bisogna allora migliorare il bando, non certo toglierlo. Perché la cultura si fa per bandi, non per bande”.
Proprio il rischio di scelte clientelari è la motivazione data da Merola alla sua proposta di riforma del sistema finanziamenti. E Favia incalza: “Nessuno vuole togliere alla politica il volante, però la discrezionalità amministrativa può arrivare solo fino a un certo punto. Poi è necessaria una commissione terza”.
E la trasformazione del sistema di finanziamenti alle libere forme associative non è l’unica novità all’ordine del giorno nell’agenda della cultura cittadina. Fa discutere anche l’accelerazione che sarebbe in atto riguardo al progetto di trasformazione della Cineteca in fondazione. Qualche giorno fa Massimo Bugani, candidato sindaco del Movimento 5 stelle, assieme a Lorenzo Andraghetti che è in lista con lui, aveva lanciato l’allarme su “le modalità sospette con cui il direttore Gianluca Farinelli e tutto il cda stanno procedendo per far andare in porto l’operazione di trasformazione della Cineteca in fondazione prima delle elezioni, in questi tempi di Comune commissariato, senza alcuna informazione ai lavoratori della Cineteca e nessuna comunicazione sul progetto di fondazione, neppure di fronte a richieste ufficiali di chiarimenti da parte delle organizzazioni sindacali”.
Che la Cineteca intenda presto cambiare abito non è stato del resto negato da Farinelli, che anzi ha ribadito: “Siamo in ritardo di 11 anni”. Ma per Bugani e Andraghetti è inspiegabile allora la mancanza di chiarezza: perchè non rendere noti tutti i nuovi soggetti che entreranno a far parte della Fondazione che ingloberà la Cineteca Comunale? E perchè non aspettare che venga eletto democraticamente un Consiglio Comunale dove 100 occhi controllerebbero meglio di 2 (quelli della Cancellieri)? “Abbiamo già visto questo giochino sull’acqua: pubblica ma in gestione ai privati – dicono i grillini – e i risultato qual è stato? Aumento dei costi per i cittadini e nessun sostanziale miglioramento del servizio”. La replica di Farinelli: “Non sarà come vendere l’acqua ai privati, saremo una fondazione pubblica, questo ci permetterà di fare di più e di sviluppare le attività commerciali”.
Che la Cineteca stesse tentando il grande salto lo si può leggere dagli avvenimenti, dalle dichiarazioni e anche dai finanziamenti: quelli comunali sono solo uno spicchio dei fondi che via Azzo Gardino riceve. Un ruolo importantissimo hanno i contributi di fondazioni come Del Monte e Carisbo.
La Regione stessa è un partner d’eccellenza dell’istituzione cinematografica diretta da Farinelli, tra quelle bolognesi l’unica a ricevere contributi (i cosiddetti “interventi diretti”, che vengono assegnati su scelta politica) per le proprie proposte culturali dalla Regione. Anche per ciò che riguarda i finanziamenti governativi per il cinema in Emilia Romagna, fino ad oggi a conquistarli è stata la Cineteca come capofila esterno associato agli assessorati regionali. Negli ultimi tempi Farinelli e i suoi hanno inoltre colonizzato nuovi settori, come quello del sostegno alla produzione: con le “produzioni Cineteca”, e con tanto di brand, l’istituzione è diventata coproduttrice, entrando a tutti gli effetti nel merito della realizzazione delle opere, la cui selezione è operata dalla Cineteca stessa. Nelle più fornite librerie della città, da qualche mese in bacheca ci sono in vendita i dvd firmati Cineteca.
E se dai fatti si traggono le conclusioni, le mire di Farinelli non intendono limitarsi al perimetro cittadino, che sta stretto. La Cineteca stessa, e altre figure importanti nel panorama culturale regionale l’hanno ribadito: dall’ex assessore regionale alla cultura Alberto Ronchi, che ha parlato di accorpare la Film Commission E-R (ente regionale di sostegno alle produzioni) e la Cineteca, a Vittorio Boarini, ex direttore dell’istituzione cinematografica e predecessore di Farinelli, che sostiene convinto: “La Cineteca dovrebbe sostituire la Film Commission regionale”. Alle dichiarazioni è probabile che seguiranno i fatti. L’assessore regionale alla cultura Massimo Mezzetti ha attivato un gruppo di lavoro per ragionare su un Film fund, un fondo regionale di sostegno all’audiovisivo, come era stato chiesto da 800 operatori del settore con l’iniziativa Profilm. Se la Cineteca dovesse diventare istituzione regionale, non è difficile immaginare allora che possa avere un ruolo fondamentale riguardo allo stesso fondo alle produzioni.
Riannodando i fili, la visione è quella di una fondazione e i confini sono quelli regionali. Farinelli risponde ai grillini parlando di una “fondazione pubblica”. Nel caso di operazioni come questa, però, le modalità e la chiarezza dei passaggi possono essere fondamentali. Quali garanzie ci saranno che le scelte (anche su quali film coprodurre) rispettino criteri condivisi e pubblici? Una possibilità, proposta dall’ex assessore Ronchi, sarebbe quella di “dare vita a una fondazione con uno statuto in cui si accorpino i finanziamenti della Film Commission e della Cineteca”. Quando si costituisce un ente di questo tipo “si scrivono statuto e regolamento e la Regione può quindi collaborare alla stesura delle nuove regole”. Ma come andrebbero le cose se lo statuto e il regolamento li dovesse leggere e approvare la commissaria?