“Abbiamo voluto scegliere i migliori”. Così, solo il 23 dicembre 2010, Roberto Formigoni salutava la nomina di Pietrogino Pezzano ai vertici della sanità milanese. Ma il tempo corre veloce. Passano quattro mesi e succede che il Consiglio regionale della Lombardia approva la mozione di Pd e Idv che ne chiede la testa: “Il nome di Pezzano comparirebbe nelle carte dell’inchiesta contro la ‘ndrangheta della Procura di Milano denominata Infinito”.
Ora, secondo la prassi, toccherà al governatore della Lombardia dare seguito alla “risoluzione del contratto individuale” a meno che non arrivino prima le dimissioni di Pezzano dal suo incarico: direttore generale della “Asl Milano 1”. Una delle più grandi d’Italia.
“Finalmente dal Pirellone esce un segnale politico chiaro su una nomina vergognosa”, dice Giulio Cavalli, consigliere Idv. “Resta il fatto – continua – che quando è stato il momento di discutere la mozione di revoca, i consiglieri di Pdl e Lega sono fuggiti fuori dall’aula”.
L’ordine di batteria era far saltare il numero legale abbandonando l’aula, ma, come racconta Cavalli a sparigliare ci ha pensato un errore dell’assessore Colucci: “E’ entrato e ha votato con noi senza rendersene conto. Infatti nel mio comunicato stampa l’ho voluto sarcasticamente ringraziare per l’impegno antimafia”. Ma c’è anche chi è andato contro la linea del partito e del governatore in maniera consapevole. Due consiglieri del Pdl, Doriano Riparbelli e Gianluca Rinaldin, si sono schierati con l’opposizione. “Su Pezzano il Pdl si è diviso”, sentenzia Cavalli.
Pietrogino Pezzano è noto alle cronache per essere “l’amico dei boss”. Il suo nome compare nelle carte dell’inchiesta Infinito che a luglio ha portato all’arresto di 300 persone tra Lombardia e Calabria. I pm lo mettono sotto indagine per un anno (la sua posizione verrà stralciata) e tirano fuori fotografie e intercettazioni con personaggi di spicco dei clan che comandano in regione. Ai tempi è direttore alla Asl di Monza-Brianza e, secondo i magistrati, entra in contatto con i capibastone locali. “E’ uno che fa favori a tutti. Si muove bene, con Abelli sono grandi amici”, dice in una registrazione Pino Neri, boss della ‘ndrangheta a Pavia. Abelli, deputato e fedelissimo di Berlusconi, è uno dei ras della sanità lombarda. Vicinissimo ad Antonio Chiriaco, direttore della asl pavese, da luglio in carcere per associazione mafiosa.
Amicizie e appalti. Secondo i magistrati, Pezzano fa vincere al boss Giuseppe Sgrò la gara per l’installazione di condizionatori nelle Asl locali di Desio, Cesano Maderno e Cerate Brianza. “Dobbiamo chiamare il direttore generale, che è amico mio, così lo chiamiamo e fissiamo un appuntamento”, dice il capoclan al telefono.
Telefonate appunto. Il suo numero di telefono appare nella Caposaldo, una delle ultime inchieste sulla ‘ndrangheta che ha fatto arrestare a Milano più di 30 persone. A comporlo, secondo le indagini, è Paolo Martino, fiduciario in Lombardia delle cosche di Reggio Calabria. I rapporti dei Ros segnalano strani viaggi in macchina del boss nella Asl monzese diretta da Pezzano.
Un curriculum pesante il suo. Tant’è che il regalo di Natale di Formigoni, che lo promuove comandante in capo della sanità meneghina scegliendolo fra centinaia di nomi, suscita un vespaio di polemiche. Il 10 gennaio, tre settimane dopo la sua nomina, al parlamentino lombardo e a Montecitorio vengono depositate una mozione di sfiducia e un’interrogazione. La mozione perde per due voti, ma l’informativa del Viminale rivela che il dirigente è davvero finito sotto indagine per associazione mafiosa. Nel frattempo si forma un comitato di sindaci dei paesi compresi nel bacino della Asl 1 che ne chiede l’allontanamento. Pezzano è sempre più isolato, ma va avanti lo stesso. Nomina direttore sanitario della Asl il messinese Giovanni Materia e accade l’impensabile. Nel giro di 24 ore si deve dimettere perché rinviato a giudizio per un abuso d’ufficio quando era direttore del Policlinico di Messina. L’incarico più breve della storia.
“La mazzata definitiva – dice Cavalli – E’ in quel momento che abbiamo preso coraggio e abbiamo deciso di presentare un’altra mozione di sfiducia”.
Alla fine la politica ha sancito quello che la società civile e le associazioni antimafia sostenevano da tempo. Che Pezzano non ha i requisiti di “trasparenza” e “irreprensibilità” che “quel ruolo richiederebbe”. Alla faccia degli “uomini in sintonia con la Regione” scelti da Formigoni per amministrare la ricca torta della sanità lombarda.