“Molti di voi hanno diviso con me più di 15 anni di progetti, ora si apre una nuova fase”. Il regista René Ferretti (Francesco Pannofino, mostruoso, ed è un complimento) molla la brutta fiction tv e si prova in un film d’autore “alla Gomorra”. Ma il mondo del cinema può essere perfino peggio: tra cinematografari snob e inconcludenti, attrici nevrotiche (Marilita Loy vittima della “dittatura del’insicurezza”) e attori eroinomani, sceneggiatori radical-scansafatiche e squali assortiti, Boris Il film è arrivato sul grande schermo con lo stesso cast della serie e gli stessi autori, Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo, che firmano anche la regia.
Al secondo weekend in sala è settimo al botteghino: 871mila euro, e per quanto vale è davvero poco, al netto del bel tempo che tiene alla larga dal cinema. Nota a margine: Goodbye Mama di Michelle Bonev ha debuttato in 13esima posizione, con la miseria di 65mila euro per 79 copie…
Torniamo a Boris: è il miglior approdo possibile per una fiction anti-fiction già di culto, perché davvero funziona tutto e le risate corrono sempre sul filo della satira metacinematografica. I tre moschettieri della ritrovata commedia all’italiana (Risi e Monicelli, crediamo, ne sarebbero fieri) travolgono vizi e ancora vizi dello spettacolo nostrano, dove si può girare addirittura Il giovane Ratzinger, perfino una Cagna (Carolina Crescentini) merita il primo piano, la fotografia è sempre “aperta” e dal libro di Stella e Rizzo può nascere – udite, udite! – Natale con la casta… Insomma, si ride e si riflette, perché lo humour verace e feroce è al servizio delle cellule grigie: siamo lontani anni luce dai cinepanettoni, rispetto a Checco Zalone c’è più cinema e una sola sequenza vale il pur non disprezzabile Benvenuti al Sud.
Tutto bene, a parte un insidioso dubbio che deflagra nel finale: tra peti e il refrain di Martellone (“E sti cazzi!”) a scardinare l’autorialità che fu, il film nel film Natale con la casta rischia di divertire più di Boris. Aridatece il cinepanettone? Manco per sogno, ma i tre registi-sceneggiatori osano con coraggio, fino a rasentare il masochismo: se è vero, e così è, che questi frizzi e lazzi piovono su una società che non è più quella che li tenne a battesimo, perché ne ridiamo ancora? Malattia tricolore o patrimonio nazionale? Come direbbe Martellone: e sti cazzi!
Ma è l’ennesima prova che qui non ci sono le solite quattro battute cacio e pepe: Boris Il film è un grande film. Affrettatevi in sala.
Ps: Non è un messaggio promozionale: al massimo, una pubblicità progresso.
Ps2: Non rispondetemi come Martellone, grazie.