Si è conclusa alle 15 e 15 l’udienza preliminare del processo a mio carico, tenuta dal Gup del Tribunale di Roma Marina Finiti. Il processo è stato aperto per i presunti accessi abusivi alla Siatel oggetto delle contestazioni formulate dalla Procura di Roma nel marzo del 2009 con la perquisizione e il sequestro del mio archivio. Alla base delle indagini ci sono il rapporto del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Stefano Crociata, e gli accertamenti del Reparto Tecnico del Ros, diretto dal colonnello Pasquale Angelosanto.
Mi erano state contestate le attività di accertamento nei processi più importanti degli ultimi anni. Fra questi l’interrogazione relativa al nominativo del maresciallo del Ros Giorgio Riolo – poi arrestato e condannato dalla Cassazione nel famoso processo alle “Talpe alla Dda di Palermo” – e quella su Maddalena Carollo, la fantomatica intestataria della scheda Gsm coperta, fornita all’allora presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro da Francesco Campanella per i contatti riservati con Riolo e Borzacchelli, da cui sono partite le indagini sulle “Talpe”.
Grazie alla difesa dall’avv. Fabio Repici, ho dimostrato la legittimità di tutti gli accessi alla Siatel, necessari per l’identificazione dei soggetti poi indagati e condannati per gravissimi reati, dall’omicidio alla strage, dal traffico di stupefacenti alla mafia, dai vari Tribunali e Corti d’Assise che avevano utilizzato le risultanze del mio lavoro in quasi tutta Italia. Dopo una breve camera di consiglio di pochi minuti e dopo un calvario giudiziario di oltre due anni, il Gup Marina Finiti ha pronunciato la sentenza: assolto perché il fatto non sussiste.
Ormai anche i bambini hanno capito che la montatura del cosiddetto “caso Genchi”, dopo le anticipazioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che mi aveva definito “il più grande scandalo della Repubblica”, serviva solo a bloccare la mia collaborazione con l’autorità aiudiziaria nelle più importanti inchieste che si stavano facendo in Italia. Nonostante tutto non ho mai perso la mia fiducia nella giustizia. Mi sono presentato davanti al giudice e mi sono fatto processare, come loro volevano. La cosa che oggi mi rende più orgoglioso è che anche il pubblico ministero d’udienza (la dott.ssa Maria Cristina Palaia) ha chiesto la mia assoluzione con formula piena.